testo e foto di Ivan Masciovecchio.
«Al Vignaiolo d’Italia, imprenditore di successo e maestro della cantina, che con coerenza e lungimiranza ha onorato la sua Terra, confermando valori e tradizioni che hanno fatto grandi l’Italia e l’Abruzzo». Così c’è scritto sull’attestato d’onore che il Circolo Stampa Abruzzo, l’Accademia Italiana della Cucina e la Fondazione De Victoriis Medori de Leone hanno consegnato nei giorni scorsi ad Emidio Pepe, autentico patriarca della viticoltura regionale che a fine luglio festeggerà le ottantacinque primavere, la gran parte delle quali passate a camminare la terra, per dirla con le parole di Luigi Veronelli.
Coerenza e lungimiranza, dunque, questi i valori capaci di sintetizzare in maniera esemplare oltre cinquant’anni di storia vitivinicola e personale del vignaiolo che da Torano Nuovo (TE), a piccoli passi, ha letteralmente conquistato il mondo, muovendosi sempre in direzione ostinata e contraria, sorretto anche da una straordinaria forza d’animo e da un carattere (pro)positivo che non gli hanno mai fatto perdere la capacità di sorridere, neanche davanti ai ripetuti rifiuti commerciali dei primi tempi. Manteniamoci giovani, rispondeva con straordinaria gentilezza a chi declinava la sua offerta di vini in bottiglia (eresia!) quando tutto intorno era un via vai di damigiane e cisterne. Erano gli anni ’60 e lui che aveva dentro di sé le qualità dell’agricoltore che mantiene sempre la testa alta per riuscire a guardare lontano, aveva già capito che il futuro era altrove; era lì dove lui si stava recando.
Delle sue bottiglie messe a dimora nella propria cantina fin dal primo imbottigliamento del 1964 per dimostrare a tutti – a cominciare dai rappresentanti delle istituzioni regionali dell’epoca impegnati al Vinitaly a promuoverne un consumo giovane – che il Montepulciano d’Abruzzo, invece, poteva invecchiare serenamente, dicevano che erano un castello di carta. Oggi, nel Sancta Sanctorum di Torano se ne possono contare circa 350.000; nessun altro produttore in Italia può vantare un’offerta del genere; un’altra sfida vinta contro la mediocrità.
La consegna di quest’ennesimo, prestigioso riconoscimento è stata anche l’occasione per presentare il libro del giornalista teramano Marcello Martelli “Incontri & racconti. A tavola in Abruzzo” (ed. Cromo), una sorta di testamento enogastronomico ricco di aneddoti e curiosità, all’interno del quale un intero capitolo è stato dedicato al “Re della cantina” ed alla fortunata scoperta di Mario Soldati. L’incontro ha visto anche la partecipazione, tra gli altri, del giornalista Sandro Sangiorgi, autore del monumentale “Manteniamoci giovani. Vita e vino di Emidio Pepe” (ed. Porthos) pubblicato nel 2014 in occasione della 50a vendemmia e presentato ancora oggi in tutto il mondo, il quale tra un intervento e l’altro ha guidato il pubblico presente in una informale e godibile degustazione di un immenso Montepulciano d’Abruzzo 2007.
Attraverso parole chiare, comprensibili, sincere, ha invitato quindi il pubblico a rispettare sempre il vino, che si presenta a noi completamente nudo, così come esce dalla bottiglia. «Annusatelo prima di cominciare a roteare il bicchiere perché alcuni profumi volatili si possono cogliere solo così. E non forzate mai la mano nello scuoterlo, perché se il vino è reticente bisogna aspettarlo, altrimenti anche agitandolo insistentemente non avremo nessuna risposta». A tal proposito ha ricordato le illuminanti parole di Veronelli quando ricordava che “il vino si presenta sempre con ritrosia, con garbo e villania, secondo il suo temperamento apparterrà a chi lo saprà scoprire con naturalezza”.
«Questo 2007 – ha proseguito – dimostra come Emidio non abbia ceduto ai richiami dall’acciaio, delle temperature controllate, e poi del legno, grande o piccolo che sia; ha mantenuto una propria visione, producendo il vino che realmente ama. La delicatezza della macerazione, il tempo passato nel cemento ed il fatto che in bottiglia si porti dietro tutto ciò da cui è composto, sono caratteristiche che impongono a questo vino di affrontare il tempo. Ricordate che i vini buoni capaci di vivere nel tempo devono trasformarsi. Diffidate di un vino invecchiato del quale si dice che sembra fatto ieri. Il vino deve vivere in fondo tutti i suoi anni».
Soggiogati già alla vista dell’intenso color rosso rubino, alla prova d’assaggio ha stupito per morbidezza e persistenza di gusto e profumi. Un vino eccezionale secondo le stesse parole di Emidio, confermato anche da Sangiorgi, non sempre in sintonia col produttore sui giudizi delle annate. «Un vino che riesce a restituire l’identità del luogo di nascita, la luce, il calore, il freddo, l’aria, la terra; che comunica uno straordinario senso di benessere, sia in bocca, sia nell’esofago, che nasce spontaneo da uve sane; e che entra in sintonia col cibo, come avrete modo di verificare successivamente».
Accolti come membri della famiglia, con grazia e disponibilità commoventi, la giornata si è quindi conclusa con un piccolo viaggio nella produzione agricola dei Pepe, dalla pasta da grano Senatore Cappelli alla frutta colta in mattinata dallo stesso Emidio, capace fin dalle origini di non limitarsi esclusivamente alla cura della vigna, ma di comprendere e considerare l’agricoltura come un unicum olistico ante litteram, secondo la definizione di Sangiorgi. Un modo di essere e di pensare che dimostra ancora una volta tutta la modernità e la grandezza del personaggio, che anche grazie al sostegno incondizionato delle sue donne, dalla moglie Rosa alle figlie Sofia e Daniela, passando per la nipote Chiara, ha ancora molte altre storie da raccontare.
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