testo e foto di Ivan Masciovecchio.
Parafrasando una memorabile battuta pronunciata nel primo storico film di Natale – correva l’anno 1983 – anche questo Vinitaly 2018 si è felicemente concluso nel consueto clima di soddisfazione generale. Nella tradizionale orgia di visite istituzionali, selfie, dati ed iperboli varie diffusi a piene mani da comunicatori ed uffici stampa, a noi piace mettere in evidenza un numero in particolare: 21.281. Tanti sono (stati) i passi percorsi mediamente ogni giorno all’interno dei rinnovati e luminosi open spaces del padiglione Abruzzo dalle ragazze e dai ragazzi dell’AIS Abruzzo per garantire il puntuale ricambio di bicchieri necessario per gli assaggi, sia ai box dei produttori che nella tasting area dell’Enoteca Regionale, da loro stessi gestita non senza qualche difficoltà logistica, garantendo comunque sempre garbo e competenza.
È anche grazie al loro inesauribile impegno – e a quello dei colleghi della FISAR Abruzzo ai quali è stata demandata la gestione dell’angusta sala degustazione, inopportunamente posta al piano rialzato dello stand, di fatto poco visibile e funzionale – se le migliaia di enoappassionati ed addetti ai lavori convenuti nello spazio regionale durante la tre giorni veronese hanno potuto apprezzare il gusto del vino d’Abruzzo, sentendosi così parte attiva di una storia che proprio in questa edizione ha festeggiato il mezzo secolo di riconoscimento istituzionale.
Com’è giusto che fosse, gran parte delle iniziative organizzate dal Consorzio di Tutela dei Vini d’Abruzzo in collaborazione con la Regione Abruzzo, sono avvenute quindi nel segno del 50° anniversario dell’assegnazione della DOC al Montepulciano d’Abruzzo, il vitigno principe dell’universo enologico regionale, la cui presenza – al di là della certificazione ministeriale – è stata documentata per la prima volta nel 1792 ad opera del ricercatore Michele Torcia in un saggio scritto… pel Paese dei Peligni.
Le danze si sono aperte con il racconto da parte di alcuni protagonisti del giornalismo italiano della propria esperienza con il Montepulciano d’Abruzzo. Moderati dall’autoctono Massimo Di Cintio si sono potuti ascoltare i ricordi di Daniele Cernilli (Doctor Wine) ispirati da un Marina Cvetic 2015 della cantina Masciarelli di matrice neobordolese; Fabio Giavedoni (Slowine) con il Malandrino 2012 Cataldi Madonna dal naso ignorante, segno di identità; Antonello Maietta (Vitae) con I Vasari 2011 Fratelli Barba nato non per piacere a tutti; Marco Sabellico (Gambero Rosso) con un Riserva 2010 Podere Castorani dai tannini generosi ed eleganti; Fabio Rizzari (Vini da Scoprire) con un Emidio Pepe 2007 dal finale armonicamente salino; Andrea De Palma (Vini Buoni d’Italia) con il Mazzamurello 2015 Torre dei Beati capace di rispecchiare il territorio di provenienza; per chiudere con un Valentini 2001 raccontato dallo stesso produttore Francesco Paolo Valentini, figlio di quell’Edoardo che, insieme a Massimo Arlini, responsabile nazionale Federconsorzi e presidente della commissione regionale dell’epoca, all’enologo Carmine Festa e a Giuseppe Savini, fu tra i lungimiranti promotori dell’istituzione della DOC.
Presente per la prima volta con un proprio spazio autonomo, anche il quotidiano la Repubblica ha dedicato un focus al Montepulciano d’Abruzzo, presentando il nuovo format delle guide Italia del vino, in edicola da metà giugno con la prima edizione dedicata proprio allo storico vitigno abruzzese; dove partendo dai dieci percorsi ideati dal Consorzio di Tutela dei Vini d’Abruzzo e raccolti in un sito dedicato raggiungibile qui, si svilupperanno itinerari regionali che indicheranno i luoghi nei quali soggiornare, le principali dimore tra le vigne, le enoteche, i wine bar, nonché ricette a base di Montepulciano d’Abruzzo.
Tra gli altri eventi di rilievo, non ha tradito le aspettative il pranzo preparato da Niko Romito con due piatti celebrativi dedicati ça va sans dire al Montepulciano d’Abruzzo, dove la sfida (vinta) è stata quella di lavorare il vino in purezza, non ottenendone quindi una riduzione o una salsa come si fa normalmente.
Pane, Montepulciano d’Abruzzo, agnello, fegatini di pollo e polvere d’oro – con il pane realizzato con farine di grano Solina e Saragolla – e Pancetta di maiale con cipolle stufate, polvere di pomodoro essiccato e Montepulciano d’Abruzzo, sono state le due preparazioni ideate dallo chef del Reale di Castel di Sangro (AQ) il quale, attraverso i ragazzi del team di Spazio, durante l’intera kermesse ha gestito l’area del gusto proponendo quotidianamente un menù di tre portate composto da Gnocchi di patate del Fucino IGP, pomodori arrosto e ricotta scorza nera; Vitello, Montepulciano d’Abruzzo e patate del Fucino IGP; Tiramisù.
Contrariamente alle aspettative, è scivolato via nell’anonimato il meeting che la redazione di Intravino – wine blog collettivo, originale e indipendente, come riporta il sito – ha tenuto davanti agli spazi dell’Enoteca Regionale nella mattinata di lunedì 16 aprile, che a quattro giorni dall’evento non ha beneficiato di nessun post ex post. Anche la successiva Abruzzo Night allestita all’interno del Palazzo della Gran Guardia di Verona si è rivelata evidentemente troppo esclusiva, senza una reale apertura alla città, con la maggior parte dei partecipanti reclutati tra gli stessi produttori abruzzesi.
Tra le note positive della serata, i succulenti finger food preparati da una nutrita rappresentanza di chef e pasticceri del consorzio Qualità Abruzzo, ovvero Alessandro De Antoniis del ristorante Cipria di Mare di Martinsicuro (TE), Claudio Di Remigio de La Conchiglia d’Oro di Pineto (TE), Maurizio Della Valle dell’Osteria La Corte di Spoltore (PE), Concezio Gizzi de La Corniola di Pescocostanzo (AQ), Massimiliano Capretta del ristorante Arca di Alba Adriatica (TE), Peppino Tinari del Villa Maiella di Guardiagrele (CH), Sandro Ferretti della pasticceria Ferretti di Roseto degli Abruzzi (TE) e Angelo Di Masso della pasticceria Pan dell’Orso di Scanno (AQ).
Introdotta da un excursus di Francesco Paolo Valentini sulle origini e la provenienza del vitigno, degna di nota – con una leggera venatura polemica registrata on background tra alcuni produttori sulla scelta dei partecipanti – si è mostrata anche l’ultima degustazione di Montepulciano d’Abruzzo di annate comprese tra il 1968 e il 2017, partendo da vigneron che hanno scritto pagine di storia enoica regionale (le radici), accostati a giovani e intraprendenti viticoltori (del futuro) che probabilmente la faranno.
Trascurati i vini bianchi ottenuti da vitigni autoctoni come Pecorino, Cococciola, Passerina e Montonico – che forse qualche attenzione l’avrebbero invece meritata – oltre al profluvio di brindisi e parole sul Montepulciano d’Abruzzo, le attività del Consorzio di Tutela dei Vini d’Abruzzo hanno meritoriamente riguardato altresì il Cerasuolo d’Abruzzo, altro vino identitario che da quelle stesse uve prende forma e colore.
Precedute dalla firma di un protocollo d’intesa orientato alla diffusione – in Italia e all’estero – della cultura e della conoscenza del vino rosato autoctono italiano, inteso quale insieme delle singole specificità territoriali, sottoscritto con i rappresentanti del Consorzio di Tutela del Vino Bardolino, del Consorzio Valtènesi, del Consorzio di Tutela dei Vini Salice Salentino e del Consorzio di Tutela dei Vini Castel del Monte, particolarmente interessanti sono risultate le due Masterclass “Chiaretto, Cerasuolo, Rosato: i rosé italiani da uve autoctone”, nell’ambito delle quali – tra i vini in degustazione – si sono potute assaggiare quattro tipologie di Cerasuolo d’Abruzzo (due per batteria), ovvero Ferzo 2017 di Codice Citra di Ortona (CH), Tiberio 2017 dell’omonima azienda di Cugnoli (PE), Hedòs 2017 di Cantina Tollo (CH), Le Vigne di Faraone 2017 dell’azienda agricola Faraone di Giulianova (TE). Vini seri eppure gioiosi e giocosi, capaci di raccontare la storia e il gusto di terre di montagna che guardano il mare, come è stato detto nel corso degli incontri condotti dal giornalista Angelo Peretti, direttore di The InternetGourmet. Per scoprire il prosieguo dell’affascinante trama, le strade sono due: venire in Abruzzo per conoscere il paradiso di biodiversità dove essi nascono e si evolvono, camminando le vigne tra gli Appennini e l’Adriatico, oppure darsi appuntamento a Verona dal 7 al 10 aprile 2019 per un nuovo Vinitaly, quello numero 53.