Testo: Sara De Sanctis | Foto: Giancarlo Malandra
“Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”. Così scrive Cesare Pavese in uno dei passaggi più belli e intensi de “La luna e i falò”. Così ognuno di noi si porta dietro per tutta la vita un paese nel cuore e nella testa, quel senso di nostalgia che a volte ci sfiora quasi inafferrabile per il borgo che ci ha visti crescere, mentre risuona l’eco delle risate cristalline per le sue strade strette e le piazze assolate. Il mio paese è Montepagano, l’incantevole cuore storico di Roseto, che gode di una invidiabile vista sulla marina. Qui ho trascorso gran parte della mia infanzia e ne serbo ricordi indelebili: le spettacolari vedute tra mare e colline, le calde notti d’estate rischiarate dalle lucciole, la tappa obbligata per i tartufi gelato da Giovanni al “Grottino”, le messe domenicali officiate da don Roberto, le ore lente scandite dal monumentale campanile. Nonostante abbia un cuore molto antico, Montepagano è a tutt’oggi un borgo vivo e pulsante, che custodisce intatte le sue peculiari bellezze e tradizioni.
(ph. Giancarlo Malandra)
Il centro storico, con le sue quattro porte d’accesso, conserva tracce delle antiche fortificazioni medioevali: è qui infatti che trovarono riparo gli abitanti del litorale adriatico per sfuggire alle incursioni saracene. La cinta muraria, realizzata già interamente alla fine del XII secolo, aveva tre ingressi principali in corrispondenza dei tre grandi archi ancora conservati: Porta da Piedi, Porta da Borea e Porta da Sole. Da questa bellissima “terrazza” sul mare Adriatico si godono panorami da togliere il fiato: dall’intera vallata del Vomano agli Appennini, dai Monti della Laga al Gran Sasso e alla Maiella, dal faro di Ortona fino alla costa marchigiana. Nel 1857 vennero assegnati 12 lotti di terreno sulla costa adriatica ad altrettanti coloni nella zona fra la Villa Comunale di Roseto e il bivio per Montepagano: fu l’atto di nascita di Roseto, che si svilupperà e diventerà capoluogo del Comune, sostituendosi all’antico borgo che rimane il centro storico della nuova città. Da qui il nome che gli abitanti di Montepagano, “li paga-n-sc”, danno ai rosetani: “cotaroli”, dal termine “quota”, ossia lotto di terreno.
Nella sagrestia della chiesa della Ss. Annunziata di Montepagano c’è un’epigrafe che ricorda lo storico documento. Il borgo è rimasto sede municipale dall’Unità d’Italia fino al 1927, anno in cui con regio decreto la sede venne trasferita a Rosburgo, ridenominata Roseto degli Abruzzi.
(ph. Giancarlo Malandra)
Nella piazza principale del borgo, lungo viale Umberto I, si erge il campanile dell’antica chiesa di S. Antimo, alto 40 metri: è il monumento simbolo del paese. Costruito con molta probabilità nel 1550, da allievi abruzzesi del maestro Antonio da Lodi, il campanile cinquecentesco conserva molti aspetti delle “torri sorelle” del Duomo di Teramo, del duomo di Atri, della Cattedrale di San Giustino a Chieti. La leggenda vuole che il campanile possedesse una campana così imponente che, unita alla posizione di pieno dominio sulle vallate circostanti, era in grado di avvertire con i suoi poderosi rintocchi l’imminenza di un pericolo dal mare, come gli sbarchi dei turchi. Assolutamente da visitare anche la chiesa della Ss. Annunziata di epoca medievale, fu riedificata in seguito ad un miracolo: verso la fine del 1500 l’immagine della Madonna raffigurata sull’altare, fu vista piangere per alcuni giorni, richiamando numerosi pellegrini. Le generose offerte del popolo furono utilizzate per la ricostruzione della chiesa fatiscente che venne ultimata nel 1611. La tela che orna l’altare, in cui è raffigurata la Madonna col Bambino, viene attribuita alla scuola napoletana della metà del ‘700; nella cappella è custodito il prezioso tabernacolo del Santissimo Sacramento. Un fantastico panorama si può godere anche lungo la passeggiata che conduce all’antico fontanile dell’Accolle: un antico camminamento che collegava Montepagano a Roseto ed è ancora percorribile a piedi.
(ph. Giancarlo Malandra)
Il fontanile, risalente agli inizi del secolo scorso, era utilizzato dalle donne per lavare i panni e per l’approvvigionamento dell’acqua, che portavano a casa con le tradizionali conche di rame tenute in bilico sulla testa. Tra le attrazioni spicca il “Museo della cultura materiale”, fondato nel 1987 su iniziativa di alcuni paganesi. Gli oggetti conservati nel Museo sono di grande interesse: strumenti musicali, macchine da scrivere, attrezzi da lavoro, libri antichi, foto d’epoca, abiti e lingerie di oltre cento anni, vestiti da sposa, collezioni di monete e manifesti della seconda Guerra Mondiale. Passeggiando tra le colline di Montepagano si possono percorrere gli itinerari eno-gastronomici, facendo tappa in una delle famose cantine che ogni estate sono presenti alla Mostra dei vini tipici, la più antica d’Abruzzo, una tradizione che si rinnova nel borgo da quasi mezzo secolo. Il vino è uno dei prodotti più rinomati del luogo, che vanta anche un’ottima produzione di olio. Montepagano è oggi meta di molti buongustai, grazie alla presenza del ristorante diffuso stellato “D.One” dello chef Davide Pezzuto. Non solo: Montepagano è anche il “buen retiro” di Gianluca Ginoble del trio “Il Volo”. Dopo lunghe tournée in giro per il mondo, di ritorno da Miami, San Paolo e New York, per il giovane tenore il borgo, dove è nato e vive la sua famiglia, rappresenta il paradiso al quale far ritorno. Come dargli torto.
Anche Gianluca all’apice del suo successo sa perfettamente che… un paese ci vuole. Anche quando sembra starti un po’ stretto. Una realtà che apprezzi negli anni perché si svela diversa ogni volta che vi fai ritorno con una nuova consapevolezza, in base alle diverse età della vita. Un paese ci vuole che anche quando non ci sei resta ad aspettarti, come Montepagano, perché non ci sono ali per volare senza salde radici.