Non solo un’eccezionale orchestra d’archi, ma un modo unico e straordinario di pensare la vita
testo di Alessandra Giancola
Una domenica mattina, a L’Aquila. Mentre un timido e piacevole sole invernale illumina a chiazze le strade vuote della città dell’Aquila, nonostante tutto avvolte nella magia particolare di una bellezza antica, suoni magici pervadono il silenzio e rimbalzano sulle facciate vuote e puntellate. Le finestre aperte e abbandonate diventano la cassa di risonanza di una musica bella, dolce e forte insieme di chi crede che “vivere la bellezza e vivere nella bellezza” sia l’arma, la più forte attraverso la quale scoprire il senso nascosto delle cose. Le candide pietre crollate e baciate dal sole assistono alle prove de Gli Archi del Cherubino e sono testimoni di emozioni che si concretizzano, della realizzazione tangibile dei sogni. Tanti ingredienti rendono questa orchestra unica e ogni tentativo di definizione sembra ridurre la vera essenza di questa realtà. Giovani musicisti e professionisti affermati condividono insieme la musica e la vita. Il primo giugno 2007 il pubblico fu invitato a vivere quello che spesso avveniva nel salotto della casa di Judith Hamza, primo violino dell’orchestra, in Via delle Nocelle, tra persone, amici, professionisti e allievi che trovavano nel suonare insieme il modo più totale e completo di esprimersi e esprimere la libertà dell’essere. Da quel momento cominciò la favola di questo gruppo unico di personalità eccezionali. Oggi hanno il privilegio di lavorare con artisti di fama internazionale, di raccogliere intorno a sé consensi univoci. Tuttavia la straordinarietà è nella naturalezza di vivere intense emozioni con la freschezza di menti brillanti e la semplicità della condivisione della quotidianità. Il luogo prediletto, dove questa famiglia si ritrova, crea e cresce, non è solo la sala da concerto, ma le stanze della casa di Via delle Nocelle, oggi diventata sede dell’Associazione e soprattutto punto di tutti i componenti dell’orchestra. Dopo il terremoto del 6 Aprile “Via delle Nocelle” divenne realmente la dimora dei “Cherubini”, uno dei pochissimi edifici agibili dell’intera zona cittadina. Qui, come era sempre stato fin dall’inizio si è continuato a provare e a vivere. Ancora è così. Non è necessario solo avere capacità tecnica, abilità strumentale e professionale ma il valore umano ed intellettuale, il senso della condivisione e la determinazione di non cedere al compromesso di quel modus operandi che impone di rinnegare le proprie aspirazioni in virtù di un finto prestigio di appartenenza a istituzioni tanto altisonanti quanto vuote e prive di qualità. Nel 2012 il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha accordato un riconoscimento all’attività de Gli Archi del Cherubino, come esempio di eccellenza della cultura italiana. Lo spirito che anima questa realtà bellissima e complessa è dipinta nelle impressioni che scrive la cantante Gemma Bertagnolli, grandissima artista, poche ore dopo aver conosciuto per la prima l’orchestra: “Arriva una telefonata da L’Aquila:’ Sono Judith, ho un’orchestra, non abbiamo grandi mezzi ma vorremmo fare un programma con te. Ancora non la conosco, ma mi piace ed accetto. Prepariamo il più festoso dei programmi barocchi, cascata di note e suoni colorati e lo chiamiamo “Estasi e Furia”. Arrivo a L’Aquila. Judith viene a prendermi alla fermata del pullman da Roma e mi porta nella sua casa, che il terremoto nella sua devastante e cieca rabbia ha inspiegabilmente ma saggiamente risparmiato, e comincia il racconto. Qui , dopo il terremoto, si sono raccolte le persone , soprattutto ragazzi, che non hanno avuto la sorte di Judith, ed hanno perso il tetto sotto il quale vivevano. Lei ha aperto le sue porte a tutti. Ancora oggi è così. Lei dorme nella stanzina più piccola. Ci sono molti letti dappertutto, uno anche nell’ex soggiorno, che viene spostato per lasciar spazio alla prova. Il clavicembalo domina un angolo, librerie di musica e calendari di lezioni nell’altro. Qui si studia il violino, si fanno le prove con l’orchestra mentre di là, in cucina, si parla, si prende il caffè, si mangia… sedie per tutti, Judith in piedi che non smette di trottare da una parte all’altra finché tutti han mangiato, poi imbraccia il violino e dirige il resto da lì. Questi ragazzi sono bravissimi: il più giovane non ha ancora 15 anni. Sono colti, intelligenti (…).Nel pomeriggio arrivano da Roma(…) musicisti che conosco da anni, professionisti di rango, ci abbracciamo e mi dicono: hai sentito che meraviglia l’orchestra di Judith? Lei insegna violino ai ragazzini, organizza i concerti, accoglie nella sua cucina -che è il più raffinato dei salotti intellettuali che mi è capitato di incontrare- , non si ferma mai, sorride quasi sempre, tranne quando parla dei suoi “nemici” (che troppo assomigliano ai miei…) Sorride ma gli occhi non lasciano scampo, autorità indiscussa. Mi porta con alcune amiche il mattino seguente a visitare il centro storico, mi mostra le impalcature dappertutto e mi parla dei costi dei ponteggi. La città è deserta, di notte solo topi nel buio. Judith accoglie i ragazzi nella musica, li abitua all’armonia, alla condivisione ed alla bellezza. Nel gruppo c’è ordine , entusiasmo, gioia. E non riceve nessun finanziamento per la sua vera opera di ricostruzione civile(…)”. Se il terremoto ha colpito gravemente la città dell’Aquila e direttamente molti componenti dell’orchestra, ciò ha contribuito ad accentuare una situazione critica già esistente per quanto riguarda il mondo della cultura. Gli Archi del Cherubino sono nati in opposizione a dinamiche di strumentalizzazione della fruizione culturale per testimoniare come sia possibile tornare alle origini del senso dell’arte intesa come espressione pura di emozioni e bellezza e valorizzando senza fini altri i talenti e le notevoli risorse umane che nella grandezza di questa idea si sono ritrovati. Il pubblico percepisce la freschezza delle emozioni, vive il coinvolgimento; Gli Archi del Cherubino svelano il segreto della felicità e senza volerlo sono diventati un esempio e un simbolo. E’ una realtà che restituisce la speranza che nel bello e nella libertà di espressione dell’essere l’Uomo si possa realizzare e riscattare. I sogni possono diventare reali. Questi sono i loro nomi: Judith Hamza, Elvira di Bona, Marino Capulli, Daniela Stancu, Carlo Ferdinando de Nardis, Alessandra Giancola, Viola D’Ambrosio, Alejandro Di Giacomo, Francesca Martella, Gabriele Pro, Violeta Stancu, Pierpaolo Di Giandomenico, Maurizio Raimondo, Piergiorgio del Nunzio, Antonio Pro.