Testo a cura di Jenny Pacini, foto di Maurizio Anselmi
Custode di meraviglie naturali, di antichi borghi e tradizioni, ecco a voi il Parco dai massicci montuosi più imponenti e suggestivi dell’Appennino
Un monumento europeo alla biodiversità nonché Area Protetta, ricco di panorami dalla bellezza unica, il Parco comprende il gruppo del Gran Sasso d’Italia e i Monti della Laga, montagne che si estendono per 80 km tra l’Abruzzo, il Lazio e le Marche. Con il Corno Grande, raggiunge la quota più alta dell’Appennino, ben 2.912 m. Esteso per 150.000 ettari, esso include le tre regioni di cui sopra e cinque province: Ascoli Piceno, L’Aquila, Pescara, Rieti, Teramo. Conosciuto nell’antichità dai Romani come “Fiscellus mons” (Monte Ombelico), il Gran Sasso è stato scalato la prima volta nell’agosto del 1573 dal capitano bolognese Francesco De Marchi: “… Quand’io fuoi sopra la sommità, mirandi all’intorno, pareva che io fussi in aria, perchè tutti gli altissimi monti che gli sono appresso erano molto più bassi di questo. Così pigliai un Corno e cominciai à sonare, dove si vedde uscire fuori dalle vene di questo monte assai Uccelli, cioè Aquile, Falconi, Sparvieri, Gavinelli e Corvi. Quasi tutto volavano intorno al sasso”. Il Parco nazionale Gran Sasso e Monti della Laga è stato istituito nel 1991 ed è situato nella maggior parte in Abruzzo, in misura minore nel Lazio e nelle Marche. La sede del Parco è localizzata ad Assergi (AQ), in un ex convento dedicato a S.Francesco; tutto il territorio è diviso in 11 distretti. Il gruppo del Gran Sasso è formato da due catene parallele. Quella più alta, con la linea di cresta parallela alla costa adriatica, procede dal Passo della Capannelle fino al valico Forca di Penne. Nel settore meridionale si elevano il Monte Camicia (2570 m) e il Monte Prena (2561 m). Tra le due catene parallele si estende Campo Imperatore, affascinante paesaggio lunare, altopiano carsico vastissimo spesso scenario d’eccezione per molti film. Il Parco vanta alcune caratteristiche uniche che lo rendono speciale. Dal più meridionale dei ghiacciai europei, il piccolo Ghiacciaio del Calderone, attualmente in forte regressione a causa dei cambiamenti climatici, al Monte Camicia con la parete a Nord, l’Eiger dell’Appennino. A 2.050 m, la montagna custodisce Fonte Grotta, il più alto ruscello appenninico, sempre gelido, anche in piena estate. Numerosi laghetti cristallini nascondono delicate bianchissime concrezioni, mentre a circa 900 m, nascono le sorgenti del Tavo in una parete coperta di muschio. L’acqua gelida scorre adagio verso la Valle d’Angri, alimentata più a valle da altre sorgenti. Poi, il fiume scompare per un breve tratto, fino alle cascate del Vitello d’Oro nel comune di Farindola. Il Bosco Martese, ambiente ricco di biodiversità, è stato lo scenario di vicende dell’ultima guerra, con storie di partigiani e di battaglie che ci portano a ritroso nel tempo fino alla spettacolare fortezza borbonica di Civitella del Tronto. Questo parco ospita una varietà significativa di piante e animali, cominciamo dall’eterogenea e spettacolare flora. Si distingue innanzitutto il faggio, con foreste estese fino ai 1.800 mt. Ma il verde dell’area assume la moltitudine di sfumature dei piccoli boschi di abete bianco, delle betulle, del castagno (che a quote più basse ricopre i pendii e le montagne), del tasso, dell’agrifoglio, degli aceri e dei querceti. La flora del parco è studiata costantemente da una speciale struttura scientifica, il Centro di Ricerche Floristiche dell’Appennino, istituito a Barisciano nel monastero cinquecentesco di S. Colombo. Il Centro, riconosciuto dal New York Botanical Garden, è inserito nella pubblicazione che elenca i più importanti erbari al mondo. Tanto per menzionare qualche bellezza floreale, nei ghiaioni fiorisce il papavero alpino, a quote più basse staziona la genziana, nelle radure crescono le orchidee selvatiche. Una passeggiata nei boschi vi svelerà anemoni, ranuncoli, gigli rossi, lamponi e belladonna. La fauna appare ricca e varia e vanta il progetto meglio riuscito in Italia di conservazione di una specie a rischio, l’Operazione Camoscio, avviata sul Monte Camicia. Questa specie un tempo abbondante sul Gran Sasso, a causa del bracconaggio era sopravvissuta solo nel Parco Nazionale d’Abruzzo. Oggi, a cento anni dalla sua scomparsa, il camoscio è tornato con 400 unità a vivere sul Gran Sasso, diventando il simbolo del Parco. Alcuni degli altri animali presenti nell’Area Protetta sono: il capriolo, il cervo, la lepre, la faina, la martora. Alle quote più elevate, l’arvicola delle nevi, un piccolo roditore arrivato con l’ultima glaciazione ed è qui rimasto come relitto glaciale.Tra l’avifauna troviamo rari rapaci come l’aquila reale, il falco pellegrino, l’astore, il lanario, il gheppio e il gufo reale. Le specie più rappresentative sono quelle delle alte quote, con le popolazioni appenniniche più numerose di fringuello alpino.
Nel territorio del parco non mancano reperti archeologici, fossili e minerali. Le prime tracce umane risalgono al Paleolitico, successivamente, nel corso dei millenni, gli insediamenti diventarono sempre più numerosi. Fin dal tempo degli antichi italici lo sviluppo socio-economico era fondato sull’agricoltura e soprattutto sulla pastorizia. Durante il Rinascimento, i borghi fortificati sorti nel Medioevo si arricchirono di opere architettoniche. Oggi, molti dei centri abitati del parco si caratterizzano come autentici borghi di interesse storico, custodi di antiche tradizioni, dell’artigianato, dell’arte e della gastronomia. Sicuramente, meritano una visita i piccoli paesini sorti nel bel mezzo di paesaggi naturali appartenenti all’antica Baronia di Carapelle, dalle parti della nobile città dell’Aquila. Tra questi, uno dei borghi più belli d’Italia, il mediceo Santo Stefano di Sessanio, tra i più suggestivi per l’armonia degli elementi architettonici; Castel del Monte, capitale della Transumanza e fulcro di antiche storie di streghe; Calascio, con la celebre e maestosa rocca. Percorrendo poi la Piana di Navelli, famosa per lo zafferano, ci si imbatte in paesi edificati con la bianca pietra calcarea del Gran Sasso: Ofena e Capestrano, dove fu rinvenuta la celebre statua italica del guerriero. Nel distretto dedicato alle Abbazie benedettine, giacciono i centri storici di Corvara e di Pescosansonesco. Incastonati nella roccia, nel verde dei Monti della Laga, sorgono gli antichi villaggi di Assergi e Camarda, mentre si avvicendano tra gli altri Cortino e Valle Castellana. E’ d’obbligo una puntata a Castelli, dove primeggia l’arte della ceramica e ad Isola del Gran Sasso, con il santuario dedicato a S.Gabriele dell’Addolorata. Tappe immancabili anche la fortezza borbonica di Civitella del Tronto e la cittadina farnese di Campli con la necropoli italica di Campovalano. I centri di Arquata del Tronto e Acquasanta sono famosi per le tipiche case di arenaria, mentre la Strada Maestra rivela Campotosto e il suo lago. Degni di menzione: Crognaleto, Fano Adriano, Montorio al Vomano, Pietracamela sotto il Corno Piccolo, Pizzoli e Capitignano.
Nel versante laziale, Accumoli ed Amatrice. Sono tantissimi gli itinerari per avventurarsi nel Parco. Ad esempio, molto suggestiva è proprio la Strada Maestra che lo attraversa nel territorio di confine tra il massiccio del Gran Sasso e la catena della Laga, collegando la provincia dell’Aquila con quella di Teramo. E se ad un’escursione naturalistica volete unire una visita nei borghi, non dimenticate le bontà gastronomiche locali: pecora alla callara, funghi, ventricina della Laga, pecorino, Marroni e tanto altro ancora. Visitare il parco sarà un’autentica esperienza sensoriale, zaino, sacco a pelo, scarponi da montagna, racchette da neve, bastoncini da trekking ma anche mountain bike e l’immancabile fotocamera. Siete pronti?