Testo di Silvia Moretta
Cala il sipario della mostra NovaPe Mobile Art – La città di Andrea Malandra, presso il Museo Vittoria Colonna di Pescara, a cura di Raffaella Cascella. La mostra presenta un inedito per il panorama culturale abruzzese: il fenomeno artistico globale della Mobile Art.
Definita da Giancarlo Beltrame (professore di Semiologia del Cinema e artista mobile) “la rivoluzione più grande nella storia della fotografia” , la Mobile Art è l’arte di catturare le immagini con l’esclusivo uso di apparecchi mobile, per poi sottoporle a modifiche attraverso apposite app e programmi per la manipolazione delle fotografie. Tra le app, Hipstamatic, prima di tutte, modello per le successive, come Instagram; EyeEm, Flicker, e Snapseed. L’avanguardia artistica della Mobile Art nasce negli Stati Uniti nel 2009, in concomitanza con la messa sul mercato dell’ iPhone3, la cui fotocamera permetteva di realizzare foto di elevata qualità, e le prime mostre realizzate con questo strumento andarono proprio sotto il nome di iPhoneArt. Successivamente, l’avvento sul mercato delle altre aziende – Samsung o Nokia (con il Nokia Lumia) – permise alla nuova corrente artistica di sganciarsi dal singolo marchio commerciale per essere indicata con il nome di Mobile Art.
In Italia la prima mostra fotografica di Art Mobile risale al 2011 (“Hipstamatic Sardinia” a cura di Adriano Mauri e Roberto Murgia), ma è con la mostra e il convegno di Rovereto, del novembre 2014, a cura di Giancarlo Beltrame, che la nuova corrente ha goduto di una vera sistemazione in chiave critica. Andrea Malandra è dunque protagonista e interprete di un fenomeno artistico che effettivamente segna una nuova frontiera della fotografia, perché la Mobile Art è un fenomeno planetario, e perché ha il merito di coniugare due elementi fondamentali: la velocità e la democrazia dell’arte. Lo strumento, un iPhone, uno smartphone o un tablet, è alla portata di tutti, e le applicazioni per cellulari hanno del tutto abbattuto i tempi dell’editing fotografico. Tuttavia, perché vi sia una vera Mobile Art, è necessario che l’aspetto tecnico non vada mai a prevalere su quello concettuale. “Il vero mobile artista è colui che riesce a realizzare la sua intuizione sfruttando al meglio le possibilità offerte oggi dalla tecnologia. A rimanere preponderante è sempre l’intuizione alla base della fotografia stessa” (Giancarlo Beltrame). Andrea Malandra riversa nel procedimento della Mobile Art la formazione da film maker, da osservatore underground della città di Pescara. Gli scatti realizzati con lo smatphone e poi modificati, condensano lo stile ballardiano dei suoi video, caratterizzano una visione apocalittica, da fine del mondo, in cui la manipolazione è lo strumento che permette di far emergere l’aspetto più propriamente letterario e cinematografico della visione. Di fronte agli scatti di Malandra l’osservatore si sente coinvolto in una narrazione filmica, in una sequenza di fotogrammi, ognuno dei quali condensa e rappresenta, in una sola inquadratura, in un unico scatto, una poetica compiuta e a se stante. Una straordinaria capacità di sintesi domina le inquadrature e gli effetti di luce e colore sovrammessi alla fotografia a volte prepotentemente, a volte liricamente. Le app e i programmi per la manipolazione delle fotografie consentono a Malandra di sperimentare liberamente per cogliere, in piena velocità, il senso del contemporaneo. Ne consegue la creazione di manufatti artistici che rappresentano ed esaltano la città nella decadenza contemporanea. Vivo il senso del movimento nelle uniche due fotografie scattate ad Atene, dove ombre di uomini e bambini spingono e si accalcano contro un vetro e su di esse corrono veloci le luci della metropolitana.
Paesaggi, architetture, interni, ombre e manichini sono il veicolo per riflessioni filosofiche contemporanee. Ne derivano immagini di una città non edulcorata , forse non amata dal punto di vista estetico, e per questo facilmente suscettibile delle trasformazioni imposte dalla mente dell’autore. È il caso del “Molok”, la chiesa in costruzione a Sambuceto che, sormontata da una gru, appare come una non computa astronave a forma di piramide immersa in una atmosfera apocalittica, con effetti pittorici e fumettistici. Andrea Malandra è un artista contemporaneo che si nutre artisticamente del movimento, che non fugge dalla sua città, ma la interpreta, la ritrae conducendola al margine di effetti di distruzione, come la bomba che esplode sulle pareti del Mulino.