Comuni uniti, fra territorio, economia, sviluppo. Continua il viaggio nella cosiddetta area metropolitana Chieti/Pescara.
Per un’analisi che va oltre il risparmio economico dell’unione.
C’è molto di più. Pescara è una bella città come lo sono le altre componenti della futura area metropolitana, a cominciare da Chieti. Quello che manca è la logica territoriale. Non potrebbe essere altrimenti
testo di Raffaele Morelli, foto di Paolo Iammarrone
Realtà nate e cresciute per inerzia, nella migliore delle ipotesi concepite secondo logiche ristrette al microterritorio di ciascun comune. La sfida, la vera differenza qualitativa tra presente e futuro, è la razionalizzazione e l’intersecazione delle logiche esistenziali dei nove comuni. Quelli che amano viaggiare non possono non rimanere colpiti dalle dimensioni degli spazi esistenti nei grandi comuni. Roma, Milano Torino, Napoli tanto per citare le più grandi sono belle perché strade, piazze, spazi in generale, rendono l’atmosfera della grande città e colpiscono gli occhi e la fantasia. La vera sfida del secolo appena cominciato è proprio questa: ripensare un’area metropolitana rappresentata da un’accozzaglia di cemento buttata in modo più o meno casuale, alla rinfusa e trasformarla in una realtà territoriale definita e logica.
Il compito degli amministratori che verranno è quello di costruire spazi, strade e rinnovare l’edilizia secondo una logica migliore di quella (ma ne è mai stata usata davvero una?) che ha caratterizzato il passato dei comuni che sono compresi nella città territoriale attuale. Pensate soltanto alla possibilità di immaginare un vero spazio ciclabile che comprenda tutto ciò che esiste tra il fiume Foro e la torre di Cerrano e tra la foce del Pescara e la frazione di Brecciarola. Per non parlare del trasporto su rotaia, che consentirebbe di rivoluzionare davvero le condizioni del traffico non solo di Pescara ma di tutta l’area. E la progettazione e realizzazione di altri assi viari che consentano di sfiammare l’intasamento della Tiburtina e della strada statale che taglia in verticale verso nord tutta la citta. E c’è dell’altro.
Avere spazi culturali in comune significa razionalizzare l’offerta ed evitare sovrapposizioni e sprechi migliorando, al contempo, l’economia di gestione degli spazzi stessi. Ma ancora, pensare ad una nuova e molto più grande realtà cittadina potrebbe portare a riassorbire zone che oggi sono considerate periferiche, in un lavoro di riequilibrio dell’intera realtà sociale di questo territorio. Le zone di confine, che non ricevono supporto sociale né da una parte né dall’altra, diventerebbero improvvisamente cerniere che si aprono verso il futuro e andrebbero ripensate, in questa ottica, e riattrezzate al meglio, consentendo a tutti di sollevare il tenore e la qualità dell’esistenza.
Un esempio per tutti: Dragonara sta tra Pescara e Chieti in modo equidistante e, oggi, è condannata ad essere punto di passaggio e di costruzione di zone commerciali. In un progetto di unione ritroverebbe una dignità abitativa ed impiantistica che oggi manca e di cui gli abitanti non potrebbero essere che felici. Riassumendo, la città metropolitana rappresenta un’imperdibile opportunità di riqualificazione e di sviluppo del territorio dei comuni che ne fanno parte, oltreché di risparmio e di razionalizzazione dei costi politici ed amministrativi di tutte le popolazioni che vi abitano. Possiamo, in tempi come questi, lasciarci scappare un’occasione imperdibile per rivoluzionare la nostra stessa vita quotidiana, pagare meno tasse, essere meno soggetti alla politica “creativa” dell’assessore di turno, come accade ora? Io penso che ogni buon cittadino di ciascuna delle realtà che compongono il nuovo quadro politico amministrativo di questa zona sappia bene quale sia la risposta. Per questo ometto di citarla espressamente.