testo di Ivan Masciovecchio.
Non poteva cominciare nel migliore dei modi la nuova, conviviale stagione della Confraternita del Grappolo, l’associazione di amici e professionisti amanti del buon bere di cui abbiamo raccontato qui e che proprio quest’anno festeggerà i primi dieci anni di attività. Prototipo del viticultore illuminato secondo le parole del giornalista (e neo papà…) Massimo Di Cintio che ha condotto la degustazione, è stato infatti lo storico produttore della provincia pescarese Lorenzo Filomusi Guelfi ad aprire le danze (oltre ad un notevole numero di bottiglie…) con una verticale di ben sette annate del Montepulciano d’Abruzzo Fonte Dei, il suo fiore all’occhiello nato da un vecchio vigneto impiantato negli anni ’50, (fortunosamente?) risparmiato dal passaggio alla pergola abruzzese che nel decennio seguente ha invece riguardato il resto della proprietà aziendale, nonché gran parte della viticultura regionale.
«Caratteristica fondamentale di questa vigna è quella di essere stata realizzata non con barbatelle già innestate a Montepulciano d’Abruzzo – ha raccontato durante la serata il vignaiolo con sangue toscano nelle vene – bensì con barbatelle selvatiche sulle quali sono state inserite gemme selezionate provenienti da viti dello stesso vigneto, in grado di donare alla pianta qualità uniche ed irripetibili».
Dalla prima vendemmia del 1997 fino al 2007, sette su undici sono state le annate assaggiate da un’attenta platea di appassionati ed addetti ai lavori; le mancanti (1999, 2002, 2003, 2005), infatti, non sono state giudicate qualitativamente adeguate a sopportare l’invecchiamento di questo vino che, ricordiamo, viene vinificato in acciaio, dove resta per circa un anno e mezzo; passa poi in grandi botti di legno, dove staziona per un altro paio d’anni, finendo l’affinamento in bottiglia per circa sei mesi.
Una certa integrità di fondo arricchita da una (stra)ordinaria piacevolezza di beva hanno rappresentato il fil rouge dell’intera degustazione di vini dimostratisi comunque mutevoli ed in continua evoluzione, capaci di parlare la stessa lingua del produttore; vini coerenti e veri, che attraverso la loro freschezza e longevità raccontano la storia di una famiglia con le mani ed i piedi immersi nella terra casauriense fin dalla prima metà del ‘700; proprio qui dove il Montepulciano d’Abruzzo ha trovato primordiale dimora e condizioni pedoclimatiche ideali, diffondendosi in seguito nel resto della regione.
Tra i vari assaggi, star indiscussa della serata è risultata l’annata 1998, incredibilmente profumata, complessa, dalla trama tannica setosa, con un passo in più rispetto al resto della batteria. Un vino che a poco meno di vent’anni dalla vendemmia è (stato) capace di regalare ancora emozioni pure; così come il 1997, che nella sua prima uscita, secondo il giudizio della moglie del produttore, presentava un’etichetta che sembrava una fodera di un impermeabile e per questo prontamente sostituita.
Archiviati (per il momento) profumi e sentori d’Abruzzo, nella prossima degustazione made in CdG prevista per giovedì 12 marzo si andrà invece alla scoperta della zona del Chianti Classico e dell’azienda Marchesi Antinori con una verticale di sei annate di Solaia, un uvaggio di Cabernet Sauvignon, Sangiovese e Cabernet Franc realizzato presso la Tenuta Tignanello. In alto i calici, dunque; e chi non beve con me…