testo di Ivan Masciovecchio.
«Oltre alla particolarità del piatto, delle Virtù mi affascina l’umanità che c’è dietro. È una preparazione generosa, che si offre agli altri, che si apre alla partecipazione, senza egoismo. Io penso che debbano diventare un metodo valido in ogni angolo del mondo». Così come si apre, si chiude con le parole di Carlo Petrini – presidente onorario, ideatore e fondatore del movimento internazionale Slow Food – “Le Virtù, la città in un piatto”, il bel film documentario realizzato da Marco Chiarini sul piatto iconico della tradizione culinaria teramana.
Nato da un’idea di Giorgio Chiarini e Gigi Ponziani, prodotto da Slow Food Condotta Pretuziana e realizzato con il sostegno di Regione Abruzzo, Camera di Commercio di Teramo e la stessa Slow Food in occasione dell’Expo milanese del 2015, il film del regista teramano da qualche giorno è stato meritoriamente reso disponibile in visione gratuita sulla piattaforma vimeo all’indirizzo https://vimeo.com/413489409, considerato anche il momento di costrizione fisica e sociale che stiamo vivendo a causa della pandemia da coronavirus che ha impedito a molti cittadini abruzzesi e turisti di recarsi fisicamente a Teramo per assaporare un piatto della prelibata pietanza.
In circa quaranta minuti condensa tutta una serie di testimonianze – dall’esperta di cucina tradizionale al docente universitario fino all’antropologo, passando ovviamente per ristoratori, massaie e ortolani teramani – sulle origini storiche e sulle caratteristiche di questo piatto unico che racconta dell’incontro tra l’inverno che finisce e la primavera appena arrivata, nato in origine come cibo propiziatorio e magico, oggi considerato di altissima cucina; completo, ricco ed incredibilmente armonico, inserito dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali da giugno 2013 nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani. Un trionfo di gusto, profumi e consistenze, molto più di un semplice minestrone, che si compie nella festa del primo maggio (anche se in passato veniva preparato e gustato durante tutto il mese) quando non c’è casa teramana in cui non se ne assapori una o più porzioni belle abbondanti, condividendole in maniera orgiastica con familiari e conoscenti, almeno finché si poteva farlo.
Utilizzando anche immagini di repertorio provenienti dal fondo dei filmini familiari della Biblioteca Delfico di Teramo, grazie alle quali ci si ritrova nel 1988 in Piazza Sant’Anna a Teramo, quando un piatto di Virtù costava solo 3.000 lire, in video scorrono, tra gli altri, i volti ed i pensieri virtuosi dello storico ristoratore Elio Pompa – purtroppo morto un anno dopo l’uscita del film – e del figlio Paolo il quale ricorda come l’inizio del movimento del turismo gastronomico legato alle Virtù sia legato originariamente al padre, che all’interno del ristorante Centrale per primo ne propose una versione gourmet capace di andare oltre quella che si realizzava in casa. E poi ancora quelli di Rosita Di Antonio, custode della cucina tradizionale teramana, dei ristoratori Michele Eligio Filipponi e Marcello Schillaci, dell’antropologa Alessandra Gasbarroni, del rettore dell’Università di Teramo Dino Mastrocola, del giornalista Antonio D’Amore, del bibliotecario Marcello Sgattoni, del professore universitario Giuseppe Profeta.
Ed alla domanda su quali siano le migliori Virtù mai assaggiate ovviamente la risposta non può che essere quelle preparate da sé, quelle che si rifanno alla tradizione della propria famiglia. Al di là del gusto, l’importante comunque è rispettarne la storia, evitando per quanto possibile di utilizzare ingredienti avulsi dalla tradizione come carote, patate, zucchine o addirittura olive ascolane. Con buona pace del ricercatore universitario Giampiero Sacchetti che, da buon bolognese, sul finale confessa sottovoce che secondo lui «un tortellino potrebbe sicuramente migliorare il piatto».