Piccolo, tondeggiante e chiaro, più simile ad un pisello che ad un classico fagiolo. Si presenta così il Tondino del Tavo, new entry della grande famiglia dei Presìdi Slow Food, grazie al quale in Abruzzo salgono a diciotto le varietà autoctone coltivate e realizzate seguendo un modello di agricoltura sostenibile fondato sugli storici concetti di «buono, pulito e giusto», tutelate dal progetto avviato più di venti anni fa dall’associazione braidese.
Coltivato nell’areale di produzione compreso tra i comuni di Penne, Loreto Aprutino, Collecorvino e Cappelle Sul Tavo, tutti in provincia di Pescara, storicamente il Tondino del Tavo non è mai del tutto scomparso da questi luoghi. O, meglio, in commercio era introvabile, ma negli orti delle famiglie delle borgate della valle del Tavo qualche pianta c’è sempre stata. Certo, era troppo poco per sperare di evitare che venisse del tutto soppiantata da varietà più redditizie.
Così, per dare un futuro al legume, c’è voluto l’entusiasmo del ristoratore Sergio Di Zio, che a inizio anni Duemila ha scommesso sul tondino proprio come qualche decennio prima aveva fatto anche un altro cuoco della zona, Domenico Speranza.
«Come Presidio il fagiolo tondino ha avuto una storia particolare – commenta Giorgio Davini, referente dei Presìdi Slow Food per l’Abruzzo – perché è nato seguendo un percorso inverso rispetto al consueto. Non rappresenta la classica vicenda di una coltivazione che, con l’impegno dei produttori, arriva nella cucina di qualche chef, ma è stato proprio un ristoratore a intuirne le potenzialità, selezionando il seme migliore e avviando una piccola coltivazione, consentendone così il recupero. Dalla tavola al campo, insomma».
Oggi le aziende agricole che producono il tondino sono soltanto tre. È il referente dei produttori, Carlo Passeri, a raccontare qualcosa in più delle caratteristiche del legume: «Ha proprietà organolettiche notevoli e la particolarità di una buccia sottilissima che dopo la cottura diviene quasi impercettibile. Ciò rende questa varietà di fagiolo molto digeribile, a differenza di altre che hanno una buccia più spessa. Chi l’ha assaggiato dice che crea dipendenza».
In cucina il tondino si può gustare lessato e condito con olio extravergine d’oliva oppure in zuppe di legumi e insalate. Tipico è l’abbinamento con la zucca, con cui condivide la medesima stagione di raccolta. Quello del Tavo, infatti, è un fagiolo tardivo. «Si semina tra la seconda decade di giugno e luglio e si raccoglie tra ottobre e novembre» spiega ancora Passeri. Facile a dirsi, meno a farsi. «Le difficoltà sono diverse – continua il coltivatore –. Innanzitutto nella semina perché, proprio in virtù della buccia delicata, il seme va interrato a un centimetro di profondità, al massimo un centimetro e mezzo, altrimenti rischia di non germogliare e quindi di marcire nel terreno. E poi è importante prestare cura anche nel momento della raccolta perché in autunno il clima non sempre è clemente, quindi occorre raccogliere velocemente. Pioggia e umidità rischiano di far imbrunire il fagiolo, che invece normalmente assume tonalità color avorio».
Complessivamente ogni anno si raccolgono circa 60-65 quintali di fagioli. «Una quantità ancora irrisoria, ma comunque in crescita – assicura Davini –. Intendiamo coinvolgere altri ristoranti della zona, far conoscere loro il prodotto e far sì che la produzione possa arrivare a interessare anche i giovani i quali oggi guardano maggiormente a olio e vino». Per concludere: «Ci fa piacere che il diciottesimo Presidio Slow Food in Abruzzo sia legato a zone che purtroppo hanno vissuto una fase di spopolamento, un po’ per la vicinanza alla montagna e un po’ per l’attrattiva lavorativa esercitata dai grandi centri urbani. Speriamo che sia un segnale nella direzione di un ritorno all’alta montagna».