testo di Ivan Masciovecchio.
Suggestive scogliere naturali, calette ciottolose e promontori mozzafiato sono solo alcuni degli scenari di incomparabile bellezza che curva dopo curva è possibile scorgere lungo la cosiddetta Costa dei Trabocchi, il tratto di statale 16 compresa tra Ortona e Vasto che deve il suo nome alla presenza di queste complesse macchine pescatorie di dannunziana memoria e dall’origine incerta, storicamente concentrate in questa porzione di litorale.
Al di là del loro pur innegabile fascino, le occasioni di sosta non mancano in questo insolito spicchio d’Abruzzo; a cominciare dalla splendida Abbazia benedettina di San Giovanni in Venere sulla collina di Fossacesia, magnificamente circondata da uliveti che lentamente digradano verso il mare; proseguendo con la Lecceta di Torino di Sangro, un angolo di autentico paradiso racchiuso tra la foce del fiume Sangro a nord e quella dell’Osento a sud; fino ad arrivare alla splendida riserva naturale di Punta Aderci nei pressi di Vasto, sicuramente uno dei punti più belli dell’intera regione, con tutto un alternarsi di sabbia, pietre, falesie, paesaggi agricoli e macchia mediterranea. In totale poco più di quaranta chilometri contrassegnati da panorami policromi e singolari, dove rigogliosa appare la coltivazione della vite e dell’ulivo.
Inseriti dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani, gli agrumi della Costa dei Trabocchi rappresentano un’altra tipicità di queste terre. Al pari dei trabocchi, dubbi rimangono sull’origine del loro approdo su queste sponde, anche se ormai è possibile datare con certezza la loro presenza fin dalla fine del 1600. Diffusi a partire dalla zona di San Vito Chietino – tanto che generalmente le arance erano chiamate proprio le bionde di San Vito – la coltivazione si è estesa longitudinalmente per una decina di chilometri – raggiungendo contrada Ripari di Ortona a nord e la marina di Fossacesia a sud – addentrandosi invece verso l’interno soltanto qualche centinaia di metri, anche a causa della conformazione del territorio caratterizzato dalla presenza di collinette e falesie subito a ridosso del mare.
Come ci racconta Rinaldo Verì – presidente dell’associazione Agrumi Costa dei Trabocchi, sodalizio nato nel 2004 che attualmente raggruppa una 40na di produttori – nel momento di massima espansione la produzione (soprattutto di arance) raggiungeva diverse migliaia di quintali, con carichi in partenza dalla stazione ferroviaria di San Vito Marina verso la Germania ed il Nord Europa. Poi, sul finire degli anni ’60, prima a causa della comparsa sul mercato di frutti più dolci provenienti dal sud Italia e successivamente a seguito dell’industrializzazione della Val di Sangro, lentamente gran parte delle piantagioni locali sono state abbandonate – così come le peschiere e gli ingegnosi sistemi di canalizzazioni realizzati nel tempo per irrigarle – e gli agrumeti distrutti per fare posto a nuove abitazioni. Praticamente scomparsi fino a 15-20 anni fa oggi – grazie anche all’opera dell’associazione che ne ha stimolato nuovamente l’interesse organizzando convegni con il coinvolgimento di studiosi ad agronomi – si sta assistendo ad un lento ritorno alla terra, con diverse famiglie impegnate nuovamente nella piantagione di agrumi.
La quasi totalità della produzione riguarda l’arancia – che ha la caratteristica di maturare più tardi e di non essere propriamente dolce – seguita a ruota da varie tipologie di limone (ce n’è anche uno molto piccolo simile al lime), dall’aromatico mandarino tardivo, dal cedro (particolarmente indicato per la trasformazione in marmellata in quanto ricco di polpa) e dal pompelmo. Un discorso a parte merita il cetrangolo (in dialetto lu melaragn) ovvero l’arancia selvatica, amarissima, quasi immangiabile – anche se trasformata in confettura acquisisce un gusto più delicato – leggermente più piccola di quella normale e dalla scorza porosa con la quale in passato ci si aromatizzavano gli insaccati, soprattutto le salsicce di fegato. La pianta ha fusto forse meno imponente e più dritto, con delle spine lunghe anche diversi centimetri, soprattutto alla base. Essendo un portainnesto spesso viene innestata per avere un frutto più amabile.
La raccolta delle diverse tipologie di agrumi della Costa dei Trabocchi viene fatta manualmente e si protrae per tutto l’inverno. Nel complesso, oltre alla vendita diretta dei frutti freschi effettuata in mercatini di prossimità o presso gli stessi produttori, gran parte della produzione odierna finisce in barattolo sottoforma di marmellate con le quali si farciscono anche i dolci tipici chiamati celli pieni. Inoltre, nel tempo, sta crescendo la produzione e la richiesta di oli agrumati, soprattutto al limone, realizzati grazie alla collaborazione con i numerosi frantoi della zona, sempre più apprezzati dagli amanti della buona tavola, ideali per condire il pesce fresco che questo tratto di mare Adriatico sa regalare con insolita generosità.