testo e foto di Ivan Masciovecchio.
Non avevamo bisogno del terremoto. Ognuno possedeva già i suoi dolori scrive Donatella Di Pietrantonio nel suo ultimo, splendido, libro Bella mia (ed. elliot). A sei anni dalla tragica notte del 6 aprile, domenica scorsa il Vinitaly 2014 ha aperto i battenti laddove l’edizione 2009 invece li chiudeva, portandosi appresso il carico di angoscia degli operatori abruzzesi sconvolti dalle drammatiche notizie provenienti dall’Aquila e dalla zona del cratere sismico.
Archiviati i brutti ricordi e lasciate decantare le emozioni, l’edizione numero quarantotto ha confermato tutta la sua centralità ed importanza nell’universo enologico mondiale, investendo su parole e concetti chiave quali internazionalizzazione, buyer, export, bio e formazione. Imponenti come sempre i numeri, con gli oltre 4000 espositori presenti su una superficie di ben 100mila metri quadrati, presi d’assalto da più di 150mila visitatori comuni ed addetti ai lavori, nonché dalla consueta carrellata di vip (o pseudo tali), chef, politici e starlette, come Oliviero Toscani, Gianfranco Vissani, Nichi Vendola, Selvaggia Lucarelli – quest’ultima alla sua prima esperienza –, la quale ha tenuto a far sapere che pur non essendo una grande intenditrice di vino ha ambientato il suo ultimo libro nelle Langhe, «terra di vigneti e importanti cantine». E se lo dice lei…
Raccolto come di consueto nel padiglione posto in prossimità dell’ingresso decentrato di Re Teodorico, al di là degli entusiastici numeri diffusi dagli ambienti istituzionali e della indiscussa qualità raggiunta dai propri vini apprezzati e premiati in tutto il mondo, l’Abruzzo è apparso un po’ tagliato fuori dai grandi flussi di traffico che invece era possibile riscontrare negli stand delle altre regioni; non solo in quelle storiche ed oggettivamente più appetibili come Piemonte e Toscana, ma anche in realtà più simili come le Marche.
Le piccole variazioni nell’allestimento predisposte rispetto all’anno passato, inoltre, a nostro avviso si sono rivelate poco fortunate, come ad esempio lo spostamento della sala degustazione dietro allo spazio riservato all’Enoteca regionale, rendendola di fatto praticamente invisibile, tanto che più volte gli infaticabili addetti dell’Associazione Italiana Sommelier hanno dovuto rivestire i panni di buttadentro invitando il pubblico che sostava in zona ad assistere agli incontri previsti all’interno.
Eventi ai quali spesso e volentieri ce la siamo cantata e ce la siamo suonata tra noi abruzzesi, considerato che gli unici presenti erano altri viticoltori regionali nonché rappresentanti della stampa locale; come nel caso della degustazione di vino Montonico, che avrebbe meritato ben altra sorte, o della conferenza stampa di illustrazione della prossima edizione della rassegna Montepagano Borgo Divino – giunta alla sua 43esima edizione ed in programma dal 25 al 27 luglio prossimi – che per la prima volta ospiterà uno storico confronto con il vino Nobile di Montepulciano per suggellare sotto l’insegna della qualità, la diversità di due grandi vini d’Italia.
Resta poi da capire come mai, a differenza di gran parte delle altre regioni come la Campania (ma anche la Puglia, la Sardegna, il Lazio), l’Abruzzo continui ad ignorare la valorizzazione turistica del proprio territorio, contraddicendo e sconfessando di fatto lo spirito positivo della campagna promozionale organizzata dai diversi consorzi di tutela del vino abruzzese che nei mesi scorsi ha portato diversi giornalisti di settore alla scoperta delle bellezze artistiche e naturali della nostra regione.
Se si escludono infatti poche e piccole immagini poste nell’area dell’enoteca e nello spazio del Consorzio delle Colline teramane, non un pannello illustrativo, non un pieghevole (sinceramente, le oltre 25 mila brochure turistiche e promozionali diffuse secondo una nota dell’assessorato regionale all’Agricoltura non siamo proprio riusciti a vederle…) con degli itinerari, non una mappa che permettessero di far comprendere al visitatore dove quei vini così straordinari siano stati prodotti, invogliandolo magari ad una visita presso quei luoghi da favola. Da questo punto di vista, molto bello e suggestivo è risultato l’allestimento dell’azienda Valle Reale di Popoli, con l’esposizione lungo le pareti dello stand di alcune zolle di terra prelevate dai diversi vigneti e contenute dentro piccole cassette in legno.
Girovagando nel padiglione tra una degustazione e l’altra, confusi tra fan entusiasti del disonorevole Razzi – ormai completamente a suo agio nei panni della macchietta di se stesso – e fantomatici principi d’Abruzzo dispensatori di foto ricordo, abbiamo potuto apprezzare lo spumante brut metodo classico 100% Chardonnay della Dop Tullum presentato dall’azienda Feudo Antico di Tollo con tanto di sciabolata d’ordinanza eseguita dal presidente regionale Ais Abruzzo e Molise Gaudenzio D’Angelo; la bontà della proposta gastronomica che la cantina Talamonti di Loreto Aprutino abbinava alla degustazione dei propri vini, realizzata in collaborazione con il ristorante stellato La Bandiera di Civitella Casanova, comprendente galantina con sottoli, fracchiata, cicoriella e pane tostato, porchetta con purea di patate al coppo; i vini da bere del vignaiolo (e filosofo) Luigi Cataldi Madonna di Ofena, in provincia dell’Aquila, per il quale il vino nasce per la festa non per la meditazione, come appunto il Cataldino, rosato Igt Terre Aquilane fresco e beverino, pronto per rendere meno torride le nostre prossime serate estive; il finger food offerto dalla donna del vino Nadia Moscardi del ristorante Elodia di Camarda, sempre nell’aquilano, con mini cartocci di olive ripiene ed una crema di ceci con spuma di zafferano.
Inoltre, fuori dall’area riservata all’Abruzzo, ospitato negli spazi art nouveau ricreati dalla maison di champagne Marguerite Guyou, il civitellese e borbonico Daniele Zunica ha deliziato i numerosi avventori – tra i quali i colleghi ristoratori Andrea Beccaceci di Giulianova, Massimiliano Capretta dell’Arca di Alba Adriatica ed il giovane maître di sala Alessio Spadone del già citato La Bandiera – dispensando gustosi crostini con ventricina teramana e finger food di gambero rosso con spuma di frutti della passione. Immersa in questo mare di vino, da segnalare anche la presenza di Massimiliano Di Prinzio del Birrificio Maiella di Casoli (ma ormai prossimo al trasferimento nel nuovo impianto di Pretoro), un po’ abbandonato a se stesso nell’Area Birra ricavata all’interno del padiglione del Sol, ma capace ugualmente di farsi apprezzare per il valore delle proprie birre dal sapore autoctono.
Alto gradimento si è registrato anche al punto ristoro gestito dal Movimento del Turismo del Vino , con l’offerta di specialità tutte abruzzesi come la porchetta, il tacchino alla canzanese o gli anellini alla pecorara; nonché grazie alla presenza dei prodotti di Gregorio Rotolo il quale ha presentato una selezione di formaggi ed affettati comprendenti due autentiche chicche come il Gregoriano – il pecorino tenero che prende il suo nome – e il delizioso salame di pecora.
Tornando agli incontri ufficiali organizzati presso lo stand della regione Abruzzo, tra un susseguirsi di verticali sempre più impegnative e la presentazione della nuova Ortona DOC (ma siamo proprio sicuri che questa parcellizzazione delle DOC alla fine porti effettivamente dei vantaggi per il settore vitivinicolo?), più che la presenza dello chef Davide Oldani del D’O di Cornaredo, in provincia di Milano, venuto a presentare il suo cioccolatino al Montepulciano d’Abruzzo, la presentazione del libro Manteniamoci giovani. Vita e vino di Emidio Pepe (ed. Porthos) del giornalista Sandro Sangiorgi, realizzato in occasione della cinquantesima vendemmia della storica cantina di Torano Nuovo, in provincia di Teramo, seguita da una straordinaria degustazione di sette annate di Montepulciano (1967, 1975, 1985, 1993, 2001, 2003, 2007), ha rappresentato senza dubbio il momento più elevato del Vinitaly abruzzese.
Con il suo portamento fiero ed il suo splendido sorriso sornione, ‘Ustì come sempre di poche parole ha conquistato una platea finalmente all’altezza della situazione, con il gotha del giornalismo enogastronomico accorso in massa a rendergli il dovuto omaggio. Una storia autentica e bellissima, narrata con garbo e rispetto, di cui parleremo prossimamente.