Testo e foto di Fulgenzio Ciccozzi
Il vento, che nei giorni scorsi ha scosso gli alberi aquilani, in un certo senso, ha fatto da contrasto alla momentanea immobilità delle gru che si ergono sui tetti della città. Torrioni provvisoriamente inanimati che il freddo di questi giorni sembrava aver congelato. Una “dèfaillance” che sembra essersi estesa al mondo del lavoro. E la crisi economica, nonostante una “‘nticchia di ripresa”, così come ci ha riferito con uno spirito moderatamente positivo il governatore della Banca d’Italia, morde i cittadini: in particolare disoccupati, cassaintegrati, pensionati e occupati del settore privato. L’entrata in vigore del Jobs act, da solo, evidentemente, non sarà la panacea per dare respiro a un’economia erosa dall’alta tassazione e dalla mancanza di liquidità delle imprese e delle famiglie. “Elementare Watson”, verrebbe da dire! Un’impresa che non fa reddito, per i motivi di cui sopra, e che fa fatica a riscuotere i crediti, non può assumere! Di conseguenza i benefici messi in atto dal governo per l’occupazione sono in buona parte inutilizzabili! Parlando con lavoratori di aziende private c’è da mettersi le mani nei capelli. Al di là di qualche “isola felice”, non si ascoltano che lamentele per un avvenire che si prospetta incerto.
Per i giovani e le generazioni di mezza età, che vivono un difficile presente, il futuro non è più quell’agognata meta di una possibile realizzazione professionale e ancor meno di una tarda ma meritata serena quiescenza! E’ sufficiente dare uno sguardo alla tabella pubblicata sul sole 24 ore di lunedì 9 febbraio per rendersi conto dell’importo esiguo che verrà erogato ai futuri pensionati! Altro che minimo vitale. Roba da emergenza sociale. Non sarà, poi, la moderata crescita del Pil che darà l’agognata svolta auspicata dai più. Ma non disperiamo, e come afferma lo stesso Padoan, il debito italiano è solido (bello pesante, aggiungerei) e sostenibile. Quanto dichiarato è senz’altro un’iniezione di ottimismo! Un debito cresciuto “alla luce” di una legislazione che negli anni passati, e presenti (ahimè), ha distribuito facili elargizioni per creare consenso, oppure ha finanziato realizzazioni di opere, con soldoni pagati dai contribuenti, che non hanno prodotto servizi o investimenti (qui da noi, la metropolitana di superficie e la casa dello studente a Roio Piano, solo per citarne alcune). Opere ed impegni sostenuti da operosi cittadini, e da imprese private che, nonostante tutto, tentano faticosamente di sopravvivere. Parlando con alcuni intermediari, soprattutto del settore edile, sembra che si stia scivolando verso una “débâcle” del “mattone” (e se colpisce alcune realtà del “cratere”, è tutto dire). Alla faccia del bicarbonato di sodio”, come sosteneva il principe Antonio De Curtis, in arte Totò! Non ci siamo. L’imbattibile e fintamente combattuta burocrazia (non sottovalutatela), il difficile accesso al credito a tassi sostenibili, la scarsa programmazione, e non solo economica (qui a L’Aquila, per esempio, non si sa nemmeno vagamente quando si potrà riavere la casa, almeno quella di abitazione), la carenza di senso civico, la tassazione eccessiva e l’evasione fiscale creano un clima di incertezza che spazzano via il Paese e negano un futuro alla nostra città! Una città che si vuole “ufficialmente” capoluogo d’Abruzzo, mentre, in antitesi, alla stessa potrebbe essergli riservato un ruolo marginale come semplice centro urbano incorporato in una più vasta unità territoriale chiamata Macroregione Adriatica. Un progetto, questo, in verità (e non è necessario essere un genio per capirlo), poco inclusivo per la realtà aquilana.