Testo di Fulgenzio Ciccozzi
Nella tre giorni alpina, una ventata di entusiasmo ha imbrigliato il cuore dell’Aquila. Camper e tende hanno occupato ogni piazzola e slargo disponibile. Persino gli spazi del sottobosco che circuiscono il castello sono stati oggetto di attendamenti da parte di associati ANA e di venditori ambulanti nordafricani che bivaccavano a ridosso della strada. Barbecue con file di arrosticini, panini con porchetta, fiumi di birra e vino hanno fatto la parte da leone nel “girone culinario” dell’evento, inondando di effluvi le vie del capoluogo. La città è stata presa d’assalto da un gran numero di euforici e agghindati alpini che ha scorrazzato su e giù per il corso, tracimando per le piazze al suono degli organetti, al rullio dei tamburi e, facendo leva sulla loro famosa ugola alpina, hanno intonato canti di montagna. Accovacciati su “disneyani carri motorizzati”, e tenendo le bottiglie per mano, si sono fatti largo tra la folla che ha invaso la città: un vero inno alla gioia in un luogo che negli ultimi tempi di gioia ne ha assaporata ben poca.
I riti solenni con le divise di ordinanza, che hanno toccato l’apice con la deposizione della corona ai caduti, alla villa comunale, hanno fatto capolino nel mondo folcloristico che ha contraddistinto l’avvenimento. Il “serio e il faceto” si sono uniti sotto lo sventolio del tricolore. Domenica 17, il giorno clou, un cielo terzo ha lasciato che il sole abbracciasse la vallata aquilana. Il ritornello di “Vecchio scarpone” più volte ha risuonato durante lo sfilamento degli alpini di tutt’Italia che, attraverso variopinte divise e toccanti motti, hanno voluto esprimere il senso di appartenenza, di solidarietà, di amicizia e di amore verso la Patria. Negli striscioni, che antecedevano i gruppi, non sono mancati i riferimenti alla ricostruzione, ai due Marò e ai caduti. Nemmeno il malore che ha colpito una signora sul prato della rotonda accanto alla caserma Pasquali ha messo in difficoltà la macchina organizzativa che, in questo caso, è intervenuta celermente attraverso il pronto impiego di un’ambulanza. Non è stato invece possibile salvare due persone che hanno perso la vita nella mattina di ieri. Da evidenziare inoltre la mancanza di attenzione da parte della RAI, televisione pubblica, che non ha ritenuto opportuno fare nemmeno un cenno all’Adunata alpini perdendo così l’occasione di parlare di una città per la quale un po’ di visibilità non avrebbe certo guastato. “Grazie davvero!” Il sipario è sceso sulle luci della città con l’ammaina bandiera e il passaggio di consegna della prossima adunata ad Asti. L’Aquila ha salutato gli alpini e si è avviata a ritornare nella caotica quotidianità; consapevole comunque di sentirsi meno sola, grazie soprattutto a chi è riuscito a trasformare questa “visione” in realtà. Tutti sognano. Alcuni ci credono. Pochi sono quelli che li realizzano. Ancora meno sono quelli che attraverso i loro sogni riescono a coinvolgere un’intera comunità.