Da oltre vent’anni indispensabile strumento per conoscere i migliori oli della nostra penisola, la Guida agli Extravergini 2020 edita da Slow Food Italia racconta 580 realtà tra frantoi, aziende agricole e oleifici, recensendo 943 oli tra gli oltre mille assaggiati, offrendo al lettore la possibilità di intraprende un bellissimo viaggio nel meraviglioso mondo dell’olio e del suo paesaggio attraverso schede dettagliate e numerose indicazioni sintetizzate da simboli che ne facilitano la lettura.
Tra questi, la Foglia verde indica un olio certificato biologico secondo il Reg. UE 848/2018; il segno dei Presìdi si riferisce ad un olio incluso nel progetto che promuove il valore ambientale, paesaggistico, salutistico ed economico dell’olio, che tutela oliveti antichi, cultivar autoctone e raggruppa produttori che non adoperano fertilizzanti di sintesi e diserbanti chimici; il disegno della Casa individua un’azienda dove si può pernottare, mentre Forchetta, Piatto e Coltello quella che offre servizio di ristorazione; infine il Carrello della spesa è presente nel caso di azienda che vende on line.
Lo storico simbolo della Chiocciola, invece, è assegnato alla realtà olivicola per il modo in cui interpreta valori (organolettici, territoriali e ambientali) in sintonia con la filosofia di Slow Food. In Abruzzo, il massimo riconoscimento è andato all’azienda Tommaso Masciantonio di Casoli (CH), Davide Iacovella di Chieti e a Frantoio Hermes di Penne (PE).
A seguire, con il premio Grande Olio Slow riconosciuto ad un olio eccellente, capace di emozionare in relazione a cultivar autoctone e territorio di appartenenza, ottenuto con pratiche agronomiche sostenibili, sono stati premiati gli oli Intosso e Trappeto di Caprafico DOP Colline Teatine di Tommaso Masciantonio (Casoli, CH); Dritta di Delia Orsini (Loreto Aprutino, PE); Ninfa – Intosso di Frantoio Hermes (Penne, PE); Ascolana di Giardini di Giulio (Tocco da Casauria, PE).
Infine, il riconoscimento di Grande Olio, attribuito agli extravergini che si sono distinti per particolari pregi dal punto di vista organolettico e perché ben rispecchiano territorio e cultivar, è andato a i Oil – Intosso di Marina Palusci (Pianella, PE) e Intosso di Guardiani Farchione (Tocco da Casauria, PE).
Secondo i dati aggiornati a metà marzo da ISMEA, ammontano a 365 mila le tonnellate di olio di oliva prodotte nell’ultima campagna 2019-2020. Un quantitativo che equivale a oltre il doppio rispetto alla terribile annata 2018. I risultati produttivi, sottolinea l’ISMEA, dividono perfettamente in due la Penisola: al Nord ci sono delle riduzioni particolarmente significative che in alcuni casi hanno portato quasi all’azzeramento dei volumi, mentre gli incrementi sono tutti concentrati nelle regioni meridionali, alcune delle quali hanno raddoppiato o triplicato gli scarsi volumi della campagna scorsa. Il centro è in chiaroscuro.
Qui l’andamento non è univoco. Alle regioni adriatiche che vedono un incremento della produzione di oltre il 50% (Abruzzo, Molise e Marche) rispetto al 2018, si contrappongono i dati negativi di Lazio, Toscana e Umbria, mediamente registrano una flessione intorno al 25%, dovuti alla ciclicità che caratterizza la produzione olivicola (ad esempio il cultivar Borgiona in Umbria non ha dato produzione) e al ritardo della fioritura causata dalle basse temperature di inizio primavera (maggio è risultato il più freddo degli ultimi 60 anni). In Toscana e parte dell’Umbria poi c’è stato il problema della mosca che è stata particolarmente aggressiva. In questa situazione la differenza qualitativa dell’olio l’ha fatta il momento della raccolta: chi non è stato particolarmente colpito da attacchi di mosca a fine estate e ha ritardato il momento del distacco dell’oliva aspettando le piogge ha in generale ottenuto oli eccellenti, mentre altri risentono della polpa poco idratata delle olive.