«Qualità, onestà, rispetto, umiltà». E’ questa la strada maestra tracciata da Lorenzo Pace – presidente dell’Associazione Provinciale Cuochi di Pescara – per riuscire ad affrontare (e vincere) una crisi che nel corso del tempo ha investito in maniera drammatica il mondo della ristorazione e dei consumi fuori casa, facendo registrare una diminuzione del 4,2% solo nell’ultimo periodo.
L’occasione per discutere sulle possibili soluzioni da adottare per affrontare il momento delicato che vive l’intero settore è stata data dal convegno “Ristorazione oggi e domani” tenutosi a Montesilvano a margine della giornata di tesseramento organizzata dalla Federazione Italiana Cuochi ed al quale hanno preso parte Raffaella Nobile, caporedattrice area Horeca del gruppo Sole24Ore; Antonio Paolini, responsabile Centro Italia per la guida dei ristoranti de L’Espresso; Angela Pagliaro, direttrice marketing del gruppo Quartiglia. A moderare gli interventi ha provveduto il giornalista Massimo Di Cintio.
Snocciolando dati FIPE (Federazione Italiana Pubblici Esercizi), la Nobile ha proposto l’immagine di un comparto caratterizzato da una profonda trasformazione, dove le abitudini cambiano velocemente, registrando ad esempio un aumento (+ 340.000 unità) di chi sceglie di mangiare sul luogo di lavoro, penalizzando in maniera considerevole la pausa pranzo. Non solo, ma chi preferisce la cena come pasto principale oggi si orienta verso menu più snelli e, in un caso su due, opta per la pizzeria, generando un esborso medio pro-capite di circa 22 euro. «La crisi, ma non solo, spinge sempre di più verso un consumo fast casual – ha aggiunto – ovvero verso quei luoghi alternativi al ristorante, come ad esempio le yogurterie o le hamburgerie, che comunque consentono di vivere un’esperienza gratificante; è la destrutturazione culturale del pasto dovuta anche alla proliferazione di lavori (e lavoratori) atipici ed alle nuove forme di famiglie allargate dei tempi moderni; nonché, come nel caso dell’alcol, all’insorgere di divieti i quali tendono a favorire il consumo di centrifughe di frutta e bevande multivitaminiche».
Spostando l’attenzione sulla comunicazione ha ribadito ciò che ormai è sotto gli occhi di tutti: i consumatori vogliono condividere quello che stanno mangiando; e nel futuro lo vorranno (e lo faranno) ancora di più. Può non piacere, ma anche questo è un fenomeno irreversibile. «E’ la spettacolarizzazione quotidiana degli atti alimentari – ha concluso –; cioè non mi nutro solo per mangiare, ma anche per alimentare il mio ego. Ridiamo quindi valore alla narrazione, a ciò che di buono stiamo facendo. E soprattutto, non facciamo promesse che non possiamo mantenere perché in rete il confronto è immediato e il consumatore non perdona».
Ad aiutare gli chef in questo racconto potrebbe provvedere uno strumento messo a punto da Quartiglia, azienda rosetana con esperienze trentennale nel settore della distribuzione alimentare. «E’ un progetto molto impegnativo – ha dichiarato Angela Pagliaro – su cui abbiamo lavorato negli ultimi anni, anche in tempi di crisi come questi. Lo abbiamo chiamato iCatalogue; è un’applicazione per iPad dove è possibile visualizzare schede di oltre 7.000 prodotti complete di foto, storia, curiosità, modalità di produzione e di consumo. Non dobbiamo avere paura di osare, viviamo questo momento come una opportunità» ha concluso.
Tornando in ambito comunicativo, dal suo osservatorio privilegiato Antonio Paolini ha affermato che questa velocità di trasformazione dell’intero settore ha imposto alla critica di reimparare a scrivere. «Infatti, restando alla realtà di Roma, tra ottobre e dicembre su 61 nuove aperture notabili – cioè passibili di una visita da parte dell’ispettore – solo 3 di queste sono risultate ristoranti tradizionali. Cambiando i luoghi cambia naturalmente anche il modo di giudicarli. Abbiamo dovuto rivedere anche il lessico, come la parola bistrot, che ormai compare dappertutto, anche all’interno di hotel di estremo lusso dove sono già presenti ristoranti altrettanto sfarzosi».
Ha disegnato poi la sua strategia per il futuro attraverso una parola chiave: smart food. «Ovvero cibo buono e intelligente che contempla anche il passato per evadere dalla piattezza del presente. Bisogna costruire un sistema coerente dove non è importante la forma. E’ smart un posto con meno vincoli dove si può andare a mangiare in qualsiasi ora. La cucina si è ibridata allo stesso modo delle nostre città». Concludendo ha esortato la giovane platea di futuri chef ad abbattere le barriere. «La cucina non ha confini, la sala non esiste più! Come la critica, la ristorazione è dentro un processo di forte innovazione. Il cuoco è ovunque e la trasparenza è tutto; per sostenerla, però, bisogna innalzare il proprio livello culturale, anche se il sistema formativo italiano è assolutamente inadatto e inadeguato a stare al passo con i tempi! Stare in sala e raccontare il piatto; e soprattutto sorridere, chi non lo fa è out! Perché nessuno viene a mangiare per rattristarsi o per essere punito».
Ivan Masciovecchio