Patria di scienziati e luogo d’arte, ha saputo tutelare e valorizzare il ricco patrimonio locale di vini e prodotti tipici. La celebratissima Sagra, la rende una delle capitali abruzzesi dei sapori
testo di Simona Cursale
Sono 1.680 appena gli abitanti di Torano Nuovo, il cui peculiare nome – l’aggettivo verrà aggiunto nel 1864 con un decreto reale di Vittorio Emanuele II – si fa derivare dall’antica dea della fertilità Turan.Quello che oggi si presenta come un piccolo e delizioso centro sommitale, da cui, tra ridenti casolari e rigogliosi vigneti, si scorge uno dei più incantevoli e pittoreschi panorami della provincia, vanta antichissime origini, come attestano gli insediamenti paleolitici rinvenuti nei terreni dei baroni Cornacchia.Condividendo la storia dell’intera valle, Torano vedrà avvicendare nei suoi territori la presenza di popolazioni più o meno pacifiche. Ai romani, artefici della costruzione della vicina Salaria, si sostituiranno, con la caduta dell’impero, i barbari, portatori per quattro secoli di desolazione e rovine. Il nuovo volto della civiltà romana, attraverso l’annuncio cristiano, sarà l’occasione per la popolazione toranese di riconquistare i propri territori e la propria dignità. Risale proprio ai primi secoli di cristianizzazione la nascita di una fitta rete di conventi e chiese realizzati sulle rovine degli antichi templi pagani. Ma, dal X secolo in poi, con le invasioni che vedono come protagonisti gli Ungari, la popolazione sarà costretta a rifugiarsi sulle colline, dando vita ai primi incastellamenti. Agli Ungari seguiranno i Normanni, che ingloberanno Torano nel Regno di Napoli, e quindi gli Angioini, che scriveranno tristi pagine fitte di delitti ed eccidi consumati brutalmente ai danni della popolazione. È a partire dalla richiesta di Carlo D’Angiò di radunare tutti i feudatari che compare Torano come feudo degli Acquaviva, i quali la terranno fino al 1725.
Quei fluidissimi e tormentati secoli hanno però lasciato anche preziose testimonianze d’arte e di devozione, come la chiesa madre dedicata alla Madonna delle Grazie, edificata nel XVII secolo come cappella della Congregazione della Carità e di cui ampliamenti e rifacimenti, gli ultimi dei quali risalenti al 1912, hanno modificato radicalmente la struttura. La facciata, progettata dall’architetto camplese Norberto Rozzi e realizzata nel 1876, si caratterizza per lo stile neoclassico, in laterizio faccia a vista, con due colonne e pilastri con capitelli a volute. Il frontone ha delle lesene e fregi floreali che si ripetono anche sopra il portale. L’interno è ad una navata con fregi in stile barocco. Sugli altari laterali campeggiano le tele raffiguranti l’Immacolata Concezione, del 1796, e la Sacra Famiglia con S. Nicola da Tolentino: sopra di esse due tondi, raffiguranti l’Annunciazione e le Anime purganti, sempre dello stesso anno. L’affresco della volta si deve al pittore teramano Gualtiero Canzanese e a sua moglie Eugenia Nardinocchi di Torano, coadiuvati da Antonio Baserga di Teramo. Allo stesso Canzanese è pure ascrivibile il successivo Parco della Rimembranza e il Monumento ai Caduti, la cui statua in bronzo fu requisita durante la II Guerra Mondiale e mai più ritrovata. L’altare maggiore della Madonna delle Grazie è stato progettato intorno al 1940 dall’architetto Antonio Galiffa in marmi policromi di Carrara. La nicchia contiene la statua della Madonna delle Grazie la cui ricorrenza viene celebrata con solenne processione il 2 luglio. La volta dell’abside è stata affrescata con le allegorie della Fede, della Speranza e della Carità.
Annesso al Santuario è il Museo di arte sacra che intende promuovere e recuperare valori intramontabili: la fede, le istituzioni, la cultura, l’arte e le tradizioni. Il museo vanta, tra le opere custodite, una preziosa croce astile in argento del XV secolo, attribuita alla scuola di Nicola da Guardiagrele, virtuosi ostensori e calici di manifattura napoletana del ‘700 e un reliquiario a braccio di S. Flaviano, in memoria del protettore del paese, opera di scuola romana. Tra le ultime donazioni dei fedeli, segno della semplicità e della devozione di questa gente, due corone ottocentesche della Madonna delle Grazie e di Gesù Bambino.
Proseguendo lungo la strada che costeggia la chiesa, è possibile vedere l’ottocentesco Palazzo De Gregoriis, che una targa commemorativa posta sulla facciata ricorda come recente dono della stessa famiglia al comune, il quale ha provveduto ad un opportuno restauro.
In località Villa Torri è la chiesa di S. Martino di proprietà dei Baroni Cornacchia che conserva affreschi del XV sec., la celletta campanaria e lo stemma gentilizio della famiglia datato 1577. Altro luogo caratteristico è La Piazzetta circondata dalle viuzze che un tempo giravano intorno all’antica chiesa di S. Flaviano, già monastero nel 1647, ma distrutta negli anni ‘50 perché terremotata.
Torano Nuovo è anche patria di illustri personaggi. Tra tutti troneggia Vincenzo Comi (1765-1830), forse il primo in Italia ad aver applicato la chimica industriale e compilatore di un periodico scientifico noto in Europa. Qui nacque anche quel padre Francesco da Torano dell’ordine dei minori francescani, vissuto nel XVII secolo, insegnante di teologia a Roma ed autore di opere di ascetica e di teologia dogmatica, tra le quali il famoso trattato Firmamentum Virginium sulla Verginità della Madonna. Sembra sia di Torano Nuovo anche il beato Agostino Novello, vissuto nel XIII secolo; consigliere e gran giustiziere del re Manfredi, venne nominato penitenziere pontificio da Papa Bonifacio VIII e ministro generale dell’ordine degli Agostiniani.
A Torano non nacque ma vi morì nel 1814 monsignor Filippo di Ferreaux, che assolse delicati compiti a Roma sotto i pontefici Clemente XIII, Clemente XIV e Pio VI, dai quali fu nominato prelato domestico.
Del secolo scorso merita di essere ricordato il “pittore contadino” Alberto di Feliciantonio, nato il 26 luglio del 1921 e recentemente scomparso. Di questo bravo artista, chiamato affettuosamente Bertucce, rimangono le rappresentazioni ispirate alla vita contadina e paesana, ai bucolici paesaggi della sua terra ma anche alle tristi esperienze legate alla guerra di Russia. Opere che, oggi esposte in musei e gallerie, hanno valso al suo autore una fama addirittura internazionale.
Storia, testimonianze d’arte e personaggi illustri sono una grande ricchezza alla quale vanno però aggiunte due straordinarie risorse, entrambe intelligentemente valorizzate.
La prima è quella che ha reso Torano Nuovo una sorta di “santuario” di Bacco. Si tratta di quei vini assai rinomati che secondo la tradizione servirono ad Annibale, reduce dalla battaglia del Trasimeno, per curare i suoi cavalli rognosi. L’attenzione tutta toranese alle antiche tradizioni e alle nuove richieste del mercato ha indotto il giornalista enogastronomico Vincenzo Buonassisi a conferire alla deliziosa cittadina vibratiana l’appellativo di Capitale del Montepulciano d’Abruzzo, senza nulla togliere al trebbiano e agli altri vini qui prodotti.
L’altra grande risorsa è costituita dai prodotti tipici, farro, saragolla, carni, salumi, prosciutti, olio, da cui l’appellativo di “paese del gusto” dato a Torano.
Una cittadina nella quale peraltro, in collaborazione con l’Università degli studi di Teramo, è stato aperto per l’anno accademico 2006/2007 un master e-learning di I livello in Metodi formativi e strumenti informatici per la didattica che si articola negli indirizzi Informatico, Fisico-Matematico, Storico-Letterario, Scienze naturali e Astronomico.
Dalla simbiosi fra tradizione e risorse tecnologiche, e attraverso l’offerta di prodotti di qualità e servizi sempre nuovi ai cittadini non solo locali, Torano Nuovo propone la miglior ricetta da presentare ai raffinati palati del pubblico del futuro. A testimonianza di come anche un piccolo centro possa essere protagonista.