Vasto, deliziosa cittadina del meridione abruzzese, gioiello architettonico affacciato sul mare, vanta origini antichissime e una storia di grande rilievo, ricca di episodi importanti e celebri personaggi. Di questo sontuoso passato il visitatore può oggi ammirare molte testimonianze; esse sono evidenti nei palazzi e nei monumenti del centro storico, ma anche nei tanti tesori d’arte che sono stati raccolti nella prestigiosa sede del Palazzo d’Avalos, contenitore culturale d’eccezione che vanta la proficua convivenza di ben tre realtà espositive: la Pinacoteca, il Museo del Costume e quello Archeologico
testo di Giuseppe Catania
L’austerità cinquecentesca di palazzo d’Avalos
Tra le caratteristiche storiche ed architettoniche di Vasto è da annoverare la massiccia mole del Palazzo dei Marchesi d’Avalos, signori della città. La strategica posizione su di un poggio naturale, dominante il golfo, lo rende un edificio storicamente tra i più degni in Abruzzo, a voler considerare la consistenza, tale da essere eletto come residenza della nobile casata dei d’Avalos. Per stabilirne l’epoca dobbiamo ripercorrere i secoli, quando del palazzo d’Avalos si ha la prima notizia nel rescritto che fece Re Carlo II D’Angiò, il 24 febbraio 1300, con la donazione agli Agostiniani di Vasto. Allora non era maestoso, ma nel 1427 il capitano di ventura Giacomo Caldora, signore del Vasto, ricostruì il palazzo impiegando tegoloni, marmi segati e mattonacci prelevati dalle rovina della città romana di Buca, porto commerciale nei pressi di Punta Penna, arricchendo così la residenza con attrattive tali che alcuni cronisti dell’epoca la indicarono fra le meraviglie del mondo. Lo storico Flavio Biondo, nella sua “Italia Illustrata” (a pag 399), esaltandone la magnificenza (1448) scrive: “Vastum Aymonis nobile et vetus oppidum quod prisci dixere Histonium, idque fheatri vetustissimi vestigiis et Palatio est ornatum, quod Jacubus Caldora, est in ea superbissimun aedificavit”. L’edificio venne incendiato il primo agosto del 1566, durante la scorreria dei pirati turchi condotti dal terribile Oialy Pascià, e venne ricostruito dai d’Avalos, con il concorso di 5.500 ducati versati dall’Università del Vasto, divenendo dimora della casata. All’interno venne ordinato un ricchissimo museo ed una pregevole pinacoteca dove fu conservata la spada e la tenda di Francesco I, donata dall’Imperatore Carlo V ai suoi generali Ferdinando Francesco e Alfonso – questo ultimo marchese del Vasto -, cui si deve la vittoria di Pavia e la prigionia dell’Imperatore francese, e i sette arazzi con la narrazione delle fasi della battaglia. Le sontuose stanze che recano ancora le tracce della fantastica decorazione, ospitarono la poetessa Vittoria Colonna, amica di Michelangelo Buonarroti, Maria D’Austria, regina d’Ungheria, Re Ferdinando di Borbone e il contestabile del regno Fabrizio Colonna, durante la cerimonia della collazione dell’insegna cavalleresca del “Toson d’oro” ad opera di Cesare Michelangelo d’Avalos per incarico del Re d’Austria. La facciata costituisce un mobilissimo esempio di civile architettura e, come ricorda lo storico Nicola Alfonso Viti (1600-1649) nella “ Memoria delle antichità del Vasto” (1646): “si attese alla fabbrica – sotto l’anno 1587 – avendone il pensiero Fra Valerio De Santis (del convento di San Francesco) e si ridusse nella maniera che si vede”. Cioè, la facciata ad imitazione dei migliori palazzi del Rinascimento “priva come è di appiccicature disorganiche (come rileva Filippo Laccetti nelle “Memorie d’Arte Vastese, 1905), ed equilibratissima invece, nei belli frontoni delle finestre e nella superba cornice classica di coronamento generale”. L’architettura rinascimentale, infatti, riscoprì le decorazioni marmoree precedenti, quelle che oggi i lavori di restauro hanno riscoperto, togliendo il porticato interno, per consentire un maggior perimetro al cortile, sicché l’edificio venne costituito da due maestosi piani sovrapposti.
Giardini “napoletani”
Sul progetto degli architetti Lorenzo Buracchio, Domenico Sandri, Lucia Di Noto, è stato recuperato, nel 1997, il giardino adiacente a Palazzo d’Avalos, con alcune preesistenti colonne che sorreggono un pergolato. Numerose piante ornamentali sono nella parte del ciglio che guarda verso il mare, fino al muro che delimita la veduta panoramica della costa. Risale al 1700 circa l’impianto del giardino “napoletano” ordinato su quattro quadrati su cui si snodano viali lastricati a mattoni, conservando il suo originario assetto. Nell’apprezzo del 1742 viene descritta la delimitazione del giardino: “dall’intorno di quattro laterali di detto giardino vivono l’erbari con due colonne, e cornicioni di legname, ed il medesimo piantato con diversi alberi fruttiferi, cioè d’amarancoli, pera, prugna, fichi ed altre sorti di frutti, con spalliera, così li bussi, come d’agrumi, ed in essa vivono due fontane dentro le nicchie, che fluiscono con acqua a fora, mediante le conserve superiori, la prima in testa, ornata con cocciole, e madreperle, nel mezzo della quale, vi è una scimmia di bronzo, con diversi giuochi d’acqua e, la seconda laterale a destra con vaschetta ottagolata, e fonte nel mezzo. Il frontespizio della quale è tutta ornata con i suoi finimenti, colonne e piramidette sopra, sostenute da balaustri e della parte d’oriente vi sono finestroni con cancelli di legno, ed una porta all’incontro l’altro viale, corrispondente ad altro stradone con pettoruta di fabbrica verso mezzo giorno, con due pergole d’uva..
Capolavori della Pinacoteca
Definito il contenitore della cultura locale, Palazzo d’Avalos, nelle sue ampie e luminose sale, vanta la “Pinacoteca” per custodire, in gran parte, le opere di pittura di Filippo, Nicola, Giuseppe e Francesco Paolo Palizzi, precursori della scuola napoletana di Posillipo. In occasione della cerimonia di inaugurazione, a cento anni della morte di Filippo Palizzi, venne aperta la mostra permanente “Da Vasto a Napoli verso l’Europa – La donazione Palizzi” (agosto 2000). Un avvenimento che ha posto in risalto il ricco e inestimabile patrimonio artistico che, oltre ai dipinti dei fratelli Palizzi, comprende opere dei vastesi Gabriele Smargiassi, Valerico Laccetti. Capolavori d’arte che costituiscono un motivo di richiamo per gli studiosi e per gli appassionati della cultura artistica dell’ottocento che nella Pinacoteca rappresentano quanto di più prestigioso vi sia in tema di arte classica e che, nel corso degli anni ha offerto spunti critici nelle periodiche rassegne e mostre dedicate ai pittori vastesi. La pinacoteca vanta anche altre “donazioni” di opere d’arte, quella ricca ed originale di pittori italiani del novecento della collezione Carolina Ricci – Monteferrante in esposizione permanente. Altre donazioni riguardano 35 opere di pittura e scultura dell’artista Jaun Del Prete, capostipite della scuola argentina: venti opere di Nicola Galante innovatore della corrente accademistica degli anni 1911-12 del gruppo dei Sei di Torino (Boswel, Chessa, Levi, Mencio, Paulucci); Carlo D’Aloisio da Vasto, già direttore della Galleria d’Arte Moderna di Roma, con la tecnica acquarellistica; Lucia Borghi Perrozzi, sensibile artista di ispirazione romantica; Filandro Lattanzio dalle motivazioni vigorose ed essenziali della figuratività contemporanea. Un giacimento artistico e culturale che nobilita la Pinacoteca e il Palazzo, meta di studiosi e sede di manifestazioni, quali il Premio del Vasto che vanta una periodicità ultra quarantennale, con avvicendamenti di movimenti artistici di notevole ed ampio respiro caratterizzati dalla partecipazione di valenti critici. All’interno della Pinacoteca di Palazzo d’Avalos si inserisce anche l’importante donazione dei coniugi Teresita Olivares e Alfredo Paglione, con un lascito di oltre cento opere di artisti italiani e spagnoli in mostra permanente nella sezione “Mediterranea”. È, recentemente, ancora la donazione “Volpe, con esponenti della cultura artistica napoletana del novecento.
Museo del Costume
Alcune sale del Palazzo ospitano il museo del costume. L’iniziativa dovuta la Lions Club Adriatica Vittoria Colonna, per la raccolta di originali costumi di ogni epoca, affiancati da arredi domestici, messi a disposizione di famiglie che li custodivano nelle loro antiche residenze. Una importante “mostra” che è stata arricchita anche da numerose opere di pittura realizzate dall’illustratore vastese operante a Genova, Pier Canosa che ha donato splendide litografie raffiguranti, in quadri dai colori sfavillanti, i costumi dell’epoca di Vasto e di molte località dell’Abruzzo in mostra permanente. Un motivo in più per richiamare quanta dovizia si possa riscontrare, non solo nella riproduzione della evoluzione della moda, bensì, soprattutto, nell’ammirare opere d’arte che suscitano interesse e motivo di approfondimento sui richiami della moda a Vasto nel succedersi dei secoli.
Museo Archeologico
Ospitata nelle cinque sale a piano terra di Palazzo d’Avalos, questa struttura museale è la più antica dell’Abruzzo. La sua istituzione risale al 1849, come Gabinetto Archeologico per la raccolta dei numerosi reperti custoditi da privati e ordinati dallo studioso Luigi Marchesani e, successivamente, ricollocati dallo storico Luigi Anelli. Dopo il movimento franoso del 1956 i reperti archeologici vennero collocati a Palazzo d’Avalos, secondo una esposizione storico-cronologica.
Nella prima sala i reperti che risalgono all’età del ferro, costituiscono le più antiche testimonianze archeologiche del territorio: materiali provenienti da sepolture, bronzi votivi, urne cinerarie, lapidi e iscrizioni, arredi femminili tratti da tombe.
Nella sala due viene esposto lo sviluppo socio-urbanistico del Municipium di Histonium, attraverso oggetti di culto, statue, un sepolcro bisomo di Publius Paquis Scaeva, il monumento dedicato a Lucio Valerio Pudente, giovinetto tredicenne incoronato poeta latino in Campidoglio. La terza sala comprende preziosi mosaici di edifici pubblici, quali le Terme, il Campidoglio, il Porticus, il macellum, altri edifici di culto, risalenti all’età imperiale. Nella sala quattro sono esposti i resti delle necropoli della Città romana: tombe e sepolture di importanti personaggi, stele e cippi funerari, risalenti al IV secolo d.C. Nella sala cinque, le testimonianze della città fra tarda antichità ed alto medioevo (346 d.C.) documentano le campagne di scavo con reperti appartenenti alla civiltà bizantina, ed avanzi di ruderi di una chiesa paleocristiana, situata nella zona archeologica del versante orientale, dove si presume esistere una Kastron Reunia a sud dell’odierna Vasto.