testo di Ivan Masciovecchio.
Benché redatta con la finalità di «tutelare e valorizzare la fascia costiera ed in particolare le aree interessate dalla realizzazione della Via Verde della Costa dei Trabocchi e le sue pertinenze ricomprese nei comuni di Ortona, San Vito Chietino, Rocca San Giovanni, Fossacesia, Torino di Sangro, Casalbordino e Vasto», ha suscitato non poche perplessità la bozza di Regolamento di gestione sottoposta nei giorni scorsi dalla Provincia di Chieti ai sindaci dei comuni interessati, contestata da un cospicuo gruppo di oltre 40 associazioni ambientaliste e turistico-sportive, comitati locali, aziende agricole e turistiche della zona, sia nel merito che nel metodo, lamentando il mancato assoggettamento del testo a Valutazione Ambientale Strategica (VAS) e Valutazione di Incidenza Ambientale (VIA) ed il conseguente coinvolgimento della cittadinanza.
Entrando nel dettaglio, il piano classifica 54 spazi totali non impegnati dalla realizzazione della pista ciclopedonale in cinque tipologie diverse: 7 aree disponibili localizzate a fronte o a lato delle proprietà di operatori privati e/o attività economiche esistenti (a); 10 aree disponibili limitrofe ai trabocchi esistenti (b); 8 aree oggetto di accordi tra amministrazioni pubbliche (c); 28 altre aree disponibili distinte per tipologie di utilizzo, da assegnare in maniera temporanea o permanente attraverso una procedura di evidenza pubblica (d); 1 area non disponibile (e); concedendo quindi ai privati la possibilità di occupare gli spazi, anche lato mare, con banchi di vendita e/o stallo di velocipedi, chioschi destinati alla vendita di articoli diversi ed alla somministrazione di alimenti e bevande, impianti sportivi (dai giochi per bambini alle stazioni per il fitness, passando per pareti di arrampicata alte fino a 5 metri, campi di bocce e paddle e piste pump track per skateboard e pattini), ombreggi, aree di sosta, servizi igienici, docce, magazzini e ripostigli attrezzi.
Nel regolamento, inoltre, relativamente alle 10 aree in prossimità dei trabocchi (tipologia b), tutte sul lato mare rispetto alla ciclopedonale, si legge che «viene data la possibilità di realizzare soluzioni utili alla sosta dei fruitori delle attività economiche […]. La realizzazione materiale delle aree di sosta e dell’eventuale viabilità di servizio viene concessa, su richiesta, in regime di occupazione permanente per un periodo massimo di 10 anni rinnovabile». Niente si dice, invece, sugli 8 spazi classificati c) la cui destinazione sarà decisa in seguito ad intese tra pubbliche amministrazioni, aree molto vaste ed in larga parte ancora con la vegetazione intatta. Ad aumentare oltremodo lo sconcerto delle associazioni il fatto che delle 54 aree totali ben 33 sono concentrate tra il trabocco Mucchiola ad Ortona ed il centro di Fossacesia, mentre altre 10 sono previste a Vasto tra Punta Penna e la Marina; smentendo nei fatti il presunto sviluppo armonico ed equilibrato della costa rivendicato in più occasioni dal presidente della Provincia di Chieti.
A parere di chi scrive, il piano purtroppo rappresenta la (il)logica conseguenza di una visione miope e poco lungimirante della Via Verde della Costa dei Trabocchi – comunque inserita, non va dimenticato, all’interno del Parco nazionale della Costa Teatina, istituito nel lontano 2001 ed in attesa da ben cinque anni della firma del decreto di attuazione – che ha portato alla malaugurata scelta di ricoprire con una lingua d’asfalto – sebbene con l’idea finale di colorarla di verde – praticamente l’intero ex tracciato ferroviario, ad esclusione – bontà loro – del solo tratto compreso all’interno della Riserva regionale di Punta Aderci a Vasto.
Così facendo, si è trasformato e concepito il percorso come un classico lungomare cittadino, benché immerso nella natura, arredato con improbabili balaustre in ferro – paradossalmente, lungo la statale 16 sono stati realizzati diversi chilometri di guard rail in legno – e dove consentire quindi, grazie anche a questo regolamento, il proliferare di bancarelle, chioschi e strutture varie, riproducendo materialmente ciò che accade sulle riviere di qualunque città di mare.
Le avvisaglie estive, del resto, non lasciavano presagire niente di buono, con la pista – nomen omen – non ancora ufficialmente aperta ma già disordinatamente presa d’assalto da un gran numero di mezzi – biciclette e fat bike (spesso a pedalata assistita), sempre più massicce e veloci; risciò e monopattini elettrici –, con i camminatori costretti a guardarsi le spalle per non essere investiti, in barba a qualunque concetto di turismo lento. E con punti ristoro sorti dall’oggi al domani nel bel mezzo di aree parcheggio.
Anche la realizzazione dei mostruosi cubi di cemento adibiti a servizi igienici rientra in questa distopia, con i manufatti spesso realizzati solo a pochi metri dalle ex stazioni ferroviarie che comunque entro la fine del prossimo anno dovrebbero entrare nella piena disponibilità delle amministrazioni pubbliche – a tal proposito, nei giorni scorsi, i sette sindaci dei comuni interessati hanno costituito un consorzio per facilitare la trattativa di vendita con i rappresentanti di RFI – e, come nel caso dell’ultimo eretto a Fossacesia, posizionandoli addirittura lato mare; uno scempio architettonico e paesaggistico che non trova nessuna giustificazione.
Sia chiaro, l’adozione di un regolamento che disciplini le attività ed i servizi lungo la Via Verde è quanto mai cosa buona e giusta, ma dalla bozza predisposta dalla Provincia non sembra trasparire in maniera evidente quella volontà di tutela del bene comune richiamata in premessa, quella determinazione nel voler coniugare una comprensibile esigenza di sviluppo con una sovraordinata e più che legittima salvaguardia dell’ambiente, concedendo piuttosto ampi margini di operatività ai privati che, come già accennato, in questi anni non sono certo rimasti con le mani in mano, tra terreni miracolosamente ampliati, recinzioni, discese a mare ed accessi al tracciato spuntati fuori nel giro di una notte.
Parte integrante del progetto Bike to Coast ideato dalla Regione Abruzzo che prevede un unico tracciato ciclabile lungo l’intero litorale regionale – a sua volta segmento della Ciclovia Adriatica nazionale in via di compimento tra Trieste e la Puglia – la Via Verde della Costa dei Trabocchi rappresenta senza dubbio uno dei massimi attrattori turistici che l’Abruzzo possa vantare e sempre più lo sarà in futuro dopo la sua inaugurazione ufficiale prevista nel corso del 2021, al netto di alcuni tratti (come quello franato nel territorio del comune di Torino di Sangro) che saranno sicuramente realizzati in un secondo momento.
Non cedere alla logica del turismo di massa, rispettando il patrimonio storico-ambientale-naturalistico così generosamente concentrato in questa zona unica in Italia e nel mondo, preservandone quindi – per quanto ancora possibile – l’unicità e la bellezza primordiale, è il compito che una classe dirigente degna di questo nome dovrebbe perseguire nel proprio agire quotidiano. Piegata agli interessi dell’uomo, la natura alla fine consegna sempre un conto da pagare, che non è mai economico né indolore.
È tempo di pensieri lunghi, di consapevolezze e responsabilità. Il progresso non si può certo fermare ma si può sicuramente governare ed orientare lungo la strada della sostenibilità. Spinti dalla voglia di fare cassa e di recuperare il tempo perduto, che non si sacrifichi la qualità dell’offerta turistica puntando esclusivamente sulla quantità dei flussi di viaggiatori che qui si riverseranno. Non tutto è ancora perduto. Anche se gran parte dei buoi sono ormai fuori dalla stalla, abbiamo tra le mani un’occasione irripetibile per imprimere finalmente a questa regione un cambio di passo e di paradigma. Per amore della terra d’Abruzzo, sarebbe imperdonabile sprecarla.